L’OLOCAUSTO DI DRESDA E LO SQUILIBRIO DELLA COLPA (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Gennaio e Febbraio 2022)

L’OLOCAUSTO DI DRESDA E LO SQUILIBRIO DELLA COLPA

di Riccardo Percivaldi

«I “democratici”, che affermano di aver “liberato” il popolo tedesco da Hitler, non hanno portato nient’altro che terrore e distruzione. A Dresda, uccisero diverse centinaia di migliaia di persone in una sola notte d’inferno e distrussero innumerevoli tesori d’arte. Le donne che stavano partorendo i propri figli, nelle sale parto degli ospedali in fiamme, si buttarono fuori dalle finestre, ma nel giro di pochi minuti, queste madri con i loro bambini, ancora appesi al cordone ombelicale, furono anch’essi ridotti in cenere. Migliaia di persone che le bombe incendiarie avevano trasformato in torce umane si buttarono negli stagni, ma il fosforo continuava a bruciare anche nell’acqua. Anche gli animali dello Zoo, gli elefanti, i leoni e gli altri, cercavano disperatamente l’acqua, come gli umani. Ma tutti loro, il neonato, la madre, il vecchio, il soldato ferito e l’animale innocente dello Zoo e della stalla, morirono in modo orribile in nome della “liberazione”».

Thomas Brookes

 «Volando abbastanza alto da evitare l’artiglieria antiaerea, il pilota del bombardiere notturno che liberava il suo carico non ascoltò mai le grida della madre, né vide mai la carne bruciata del bambino. Questo fu il vero Olocausto, una parola che significa morte prodotta dal fuoco».

Nicholas Kollerstrom

 In ogni tempo la storia di determinati conflitti, scritta da parte di coloro che hanno imposto con la spada il proprio dominio sui vinti, ne riporta esclusivamente una versione unilaterale e distorta, spesso in contraddizione con la realtà dei fatti, che risponde solo alla necessità di consegnare ai posteri un’immagine positiva del Potere che grazie a quella vittoria ha conseguito il suo trionfo, cancellando, per ragioni di opportunità e propaganda, tutto ciò che non si accorda con i suoi progetti di controllo e di dominio dei popoli soggiogati, i quali spesso, oltre alla sconfitta subita, perdono anche la memoria del proprio passato, quando questa non venga addirittura sostituita con una narrazione completamente falsificata dalla propaganda dei vincitori, una volta divenuta cultura ufficiale, al preciso scopo di avvilire, colpevolizzare e spegnere ogni desiderio di rivincita di coloro che da uomini liberi sono passati alla condizione di sudditi, educati per generazioni a considerare liberatori i propri carnefici ed eterni nemici.

Accade così che uno dei peggiori crimini di guerra della storia, quale fu in effetti il bombardamento di Dresda, venga dipinto dalla cultura ufficiale e accademica come “un inevitabile prezzo da pagare per la liberazione dell’Europa e del mondo dalla barbarie nazista”. I tedeschi, si dice, diedero inizio alla guerra aerea, precipitarono il mondo nell’abisso del secondo conflitto mondiale e perpetrarono crimini infinitamente maggiori. In fondo “se lo sono meritati”. A Dresda, è vero, morirono tante persone ma lo si fece – concludono i custodi dell’ortodossia democratica – “per il bene dell’umanità”.

I fatti raccontano tutt’altra storia. I bombardamenti terroristici contro la popolazione civile cominciarono in realtà su iniziativa di Winston Churchill per provocare i tedeschi e indurli così a colpire per ritorsione le città inglesi. Per il cinico Primo Ministro britannico questo era l’unico sistema per infiammare il suo popolo di un feroce sentimento germanofobo e convincere la recalcitrante opinione pubblica del suo Paese, maggiormente propensa ad una politica di conciliazione con la Germania, a combattere una guerra che nessuno voleva.

L’idea di fondo era che bisognava provocare Hitler fino al punto che questi, per fermare il massacro dei suoi connazionali, fosse obbligato a trasformarsi in aggressore e a quel punto la propaganda di guerra britannica, capovolgendo i fatti, avrebbe fatto sembrare gli attacchi tedeschi come dei bombardamenti indiscriminati mentre quelli inglesi come delle giuste ritorsioni, innescando una spirale di violenza che avrebbe dato il pretesto a Churchill di mettere a ferro e fuoco l’Europa.

Un documento ufficiale della RAF suggeriva: «Se la Royal Air Force assalisse la Ruhr, distruggendo gli impianti petroliferi con le sue bombe più precise e le proprietà cittadine con quelle cadute fuori bersaglio, la richiesta di rappresaglie contro l’Inghilterra potrebbe rivelarsi troppo forte per la resistenza dei generali tedeschi. In realtà, lo stesso Hitler probabilmente guiderebbe la rivolta».

J.M. Spaight, primo Assistente Segretario al Ministero dell’Aeronautica durante la guerra, ammise nel suo libro del 1944 Bombing Vindicated che: «Poiché eravamo dubbiosi sull’effetto psicologico della distorsione della verità, che eravamo noi ad aver iniziato l’offensiva dei bombardamenti strategici, rifuggimmo dal dare alla nostra grande decisione dell’11 Maggio 1940 la pubblicità che meritava. Questo fu sicuramente un errore. Perché era stata una splendida decisione». [1]

Sin dall’inizio della guerra la Luftwaffe, al contrario, si era astenuta da qualunque attacco sull’Inghilterra. Nonostante ciò il 10 maggio 1940, appena divenuto Primo Ministro, Churchill ordinò di dare inizio ai bombardamenti aerei, chiarendo l’8 luglio: «Una cosa ci permetterà di ricacciare e piegare il nemico: una guerra aerea illimitata che distruggerà tutto».

La distruzione della Germania e dell’Europa era un chiodo fisso nella mente del Primo Ministro, che già nel 1936 aveva dichiarato arrogantemente al generale americano Wood: «La Germania sta diventando troppo forte, deve essere distrutta!»

Decomposing corpse of man with swastika arm band in Dresden, Germany, after the fire bombing during World War II. The aerial bombardment of the civilian center was one of the worst atrocities of the war.

Lo storico F. Veale afferma che il raid dell’11 maggio: «Sebbene in sé stesso poco importante, fu un evento epocale, poiché fu la prima rottura deliberata della legge fondamentale della guerra civilizzata secondo cui le ostilità devono essere condotte solo contro le forze armate del nemico», dato che «l’esclusione dei non combattenti dalla sfera delle ostilità è la distinzione fondamentale tra la guerra civilizzata e quella barbarica».

Ma Churchill, che non si faceva condizionare da simili scrupoli, il 16 luglio incitò apertamente al massacro sbraitando: «e ora mettete a fuoco l’Europa!». La ritorsione tedesca tuttavia non arrivava. Anzi Hitler, dopo aver rifiutato sdegnosamente il consiglio di Raeder, Jodl e Jeschonnek di ordinare il bombardamento a tappeto di Londra, continuava a offrire all’Inghilterra la pace.[2]

Il 20 luglio 1940 l’ambasciatore inglese a Washington chiese all’ambasciatore tedesco, di sua iniziativa ed in modo informale, quali fossero le condizioni della Germania. L’offerta era la seguente: «La Germania ritirerà le sue truppe dalla Francia, dall’Olanda, dal Belgio, dalla Polonia e dalla Cecoslovacchia. Chiedo all’Inghilterra solo di avere carta bianca sui paesi dell’Est e, naturalmente, l’annessione delle antiche regioni tedesche». Condizioni molto modeste, che qualsiasi statista in buona fede avrebbe accettato. [3]

Ma Churchill, che agiva per conto dell’alta finanza ebraica i cui interessi capitalistici poco si accordavano con le politiche autarchiche e socialiste della nuova Germania – tese ad anteporre l’interesse del popolo su quello degli usurai – dopo esserne venuto a conoscenza, ordinò immediatamente una serie di attacchi terroristici contro Berlino. Questo era l’unico modo per scongiurare il pericolo di una pace duratura sul continente, che avrebbe segnato il definitivo affrancamento dell’intera Europa dalla criminalità organizzata di Londra e Wall Street. [4]

Infatti Churchill, nel suo discorso alla Guildhall nel luglio 1943, confesserà: «Siamo entrati in guerra di nostra spontanea volontà, senza che venissimo direttamente attaccati», vantandosi in una lettera a Stalin il 1 gennaio 1944: «Non abbiamo mai pensato alla pace, nemmeno in quell’anno quando eravamo completamente isolati ed avremmo potuto fare la pace senza troppe conseguenze per l’Impero Britannico».

E tuttavia solo dopo 15 giorni di bombardamenti terroristici Hitler decise di ordinare la ritorsione sulla città di Coventry. Tale raid fu comunque condotto secondo le leggi di guerra e contro legittimi obiettivi tattici. Nel complesso, durante tutta la campagna di bombardamenti aerei, il rapporto tra vittime inglesi e tedesche fu di 1 a 10. [5]

Il dottor Wesserle, che aveva assistito al bombardamento tedesco su Praga, riconobbe che «non ci può essere paragone tra la brutalità dell’offensiva aerea anglo-americana e la pochezza degli sforzi tedeschi e italiani». Analoga disparità emerge dalle istruzioni che le rispettive aeronautiche rilasciavano ai loro piloti. Le cavalleresche prescrizioni della Luftwaffe precisavano che «in linea di principio non è ammesso l’attacco alle città a scopo di terrorismo contro la popolazione. Qualora però si verifichino attacchi terroristici nemici contro città aperte, prive di protezione e difesa, attacchi di rappresaglia possono costituire l’unico mezzo per distogliere il nemico da questa tattica brutale di guerra aerea. La scelta del momento verrà determinata innanzi tutto dallo svolgersi dell’attacco terroristico nemico. In ogni caso l’attacco dovrà mostrare chiaramente il proprio carattere di rappresaglia».

I principi della RAF, al contrario, addestravano i piloti a compiere dei massacri indiscriminati e dopo un susseguirsi di direttive che indicavano con sempre maggior chiarezza che l’obiettivo da colpire era la popolazione civile, finalmente il 14 febbraio 1942, infrangendo ogni norma di diritto bellico, il Gabinetto di Guerra di Churchill istigò i capi militari: «Bersaglio degli attacchi del Bomber Command contro la Germania non dovranno essere le industrie o altri obiettivi militari, bensì il morale della popolazione civile, soprattutto dei lavoratori dell’industria».

Lo stesso giorno il Maresciallo dell’Aria Charles Portal, capo di Stato Maggiore della RAF, incitò più esplicitamente al genocidio, ordinando: «In riferimento alle nuove regole sui bombardamenti: io credo sia chiaro che i punti di mira devono essere le aree edificate e non, ad esempio, i dock o le fabbriche aeronautiche, nel caso siano menzionati. Questo deve essere evidente, se non è stato ancora compreso».

A conferma della criminale strategia britannica il Capo del Bomber Command, Maresciallo dell’Aria Arthur Harris (soprannominato dai suoi stessi equipaggi the Butcher, il Macellaio), famoso per vantarsi con la bava alla bocca «uccido migliaia di persone ogni notte», confessò nelle sue memorie pubblicate nel 1948 che: «Il nostro vero obiettivo fu sempre il cuore delle città».

Da questo momento inizia dunque la metodica distruzione di millenni di storia e di civiltà europea. Gli angloamericani cominciarono a radere al suolo città come Lubecca, Colonia, Dresda, in totale violazione della Convenzione dell’Aja concernente le leggi e gli usi della guerra per terra.

L’Olocausto di Dresda fu il crimine più mostruoso della Seconda guerra mondiale. Esso superò per barbarie e ferocia perfino il bombardamento atomico del Giappone [6]. Ancora oggi molti si interrogano sulle sue reali finalità. Dal momento che la città non ospitava né industrie pesanti né obiettivi strategici, esso sfugge ad ogni logica militare. Al contrario, la città in quel periodo era divenuta meta di migliaia di rifugiati in fuga dalla barbarie bolscevica. I vertici militari alleati erano perfettamente consapevoli di ciò e tuttavia ordinarono la distruzione di Dresda. Perché?

L’esercito americano si difese con il pretesto che la città era un importante nodo di comunicazione e che i bombardamenti a tappeto dovevano servire a distruggere l’infrastruttura che sosteneva lo sforzo bellico del nemico. Ma poiché le bombe ad alto esplosivo e gli ordini incendiari sganciati dalla RAF presero di mira solo le aree residenziali, questa giustificazione è assurda. Basti pensare che la ferrovia, appena scalfita, ritornerà a funzionare entro pochi giorni.

Ugualmente falsa è l’ipotesi che l’attacco servisse a minare il morale della popolazione per costringerla alla resa. Questa giustificazione poteva essere vera all’inizio della guerra aerea, ma già nel 1943 i vertici militari erano perfettamente consapevoli della loro inutilità, grazie ai rapporti costantemente negativi dell’US Strategic Bombing Survey. Come ci illustra Giuseppe Federico Gergo:

 «Le persone morte per le incursioni della RAF furono vittime di una strategia che, oltre a non avere reali finalità militari, assai presto si sospettò non fosse neppure in grado di deprimere il morale della popolazione nemica, come è dimostrato dal fatto che già alla fine del 1940 lo stato maggiore britannico dubitava che questo obiettivo si sarebbe mai raggiunto. Nonostante ciò i bombardamenti non furono interrotti dopo che si era dichiarato che non erano più indispensabili, ma anzi furono continuati e intensificati quando i pretesti per la loro continuazione da tempo erano venuti meno, in questo modo trasformando l’uccisione di massa di civili in una comune arma routinaria, che per di più si dimostrava assai lontana dall’essere di reale utilità per vincere il conflitto».

 Il vero motivo della distruzione di Dresda è molto più inquietante di quello che si potrebbe immaginare. Qui siamo di fronte a un premeditato e sistematico sterminio di civili, che nella mente diabolica dei suoi pianificatori aveva come unico scopo quello di produrre il maggior numero di vittime, soprattutto donne e bambini.

Nel 1990 David Irving portò alla luce una scioccante dichiarazione di Winston Churchill, in cui il “paladino della democrazia” ordinava a sangue freddo: «Non voglio nessun suggerimento su come distruggere obbiettivi militarmente importanti vicino a Dresda. Voglio suggerimenti su come possiamo arrostire i 600.000 profughi che si sono rifugiati da Breslau a Dresda[7]

Lo scopo principale del bombardamento era dunque uccidere i civili (non danneggiare l’industria, non piegare il morale della popolazione per indurla alla resa). Basti pensare dopo la tempesta di fuoco, quando ormai della città non rimaneva più nulla partì un terzo attacco di squadriglie aeree che scendevano a bassa quota per mitragliare gli ultimi superstiti che cercavano disperatamente di mettersi in salvo [7b].

Questo fatto è di estrema importanza poiché ci fa capire il vero movente criminale che dettò la partecipazione alla seconda guerra mondiale da parte dell’Inghilterra e degli Stati Uniti, falsamente dipinti dalla propaganda come “liberatori”. Churchill era spaventato poiché la fine della guerra sembrava imminente e se i tedeschi si fossero arresi troppo presto le vittime sarebbero state inferiori al desiderato. Secondo lui bisognava far durare la guerra più a lungo possibile per sterminare il maggior numero di civili.

Poco prima alla Conferenza di Yalta, parlando della pulizia etnica che avrebbe accompagnato le espulsioni dei tedeschi dai territori dell’Est confessò a Stalin «che c’erano molte persone in Gran Bretagna che erano imbarazzate al pensiero della deportazione ma affermò che, lui personalmente, non aveva alcuno scrupolo. Sei o sette milioni di Tedeschi erano già stati ammazzati e un altro milione o milione e mezzo sarebbe stato probabilmente sterminato prima della fine della guerra. Queste idee per il futuro non erano affatto discorsi a vanvera di propaganda, ma erano le opinioni vere e proprie del Primo Ministro Britannico. Alla 4^ sessione della Conferenza di Yalta, il 7 Febbraio 1945, Churchill rafforzò il suo concento anti-umanitario dichiarando “che non rientrava nei propositi di cessare l’eliminazione dei Tedeschi”. Una settimana più tardi avvenne il genocidio di Dresda da parte dei bombardieri inglesi e americani».[8]

Possiamo dunque gettare nella pattumiera tutte le tesi-pretesto sulla “necessità morale” di impedire l’olocausto e annientare la “volontà nazista” di conquista del mondo, con cui si è cercato fino ad oggi di giustificare i crimini dei vincitori. La verità, invece, è che gli angloamericani non combattevano contro Hitler o contro il “nazismo”, e neppure soltanto contro i tedeschi e i loro alleati. Essi combattevano una guerra di sterminio contro l’Europa intera per distruggere la sua civiltà e i popoli che l’avevano creata.

Come ha giustamente riassunto John Kleeves: «L’ideale per gli Stati Uniti [e gli inglesi ndr] sarebbe stato che tutti i paesi europei fossero giunti alla conclusione delle ostilità completamente distrutti, sia quelli alleati che avversari, sia vinti che vincitori, e possibilmente anche quelli neutrali».

Se il tempo glielo avesse permesso con tutta probabilità gli angloamericani avrebbero incenerito tutta l’Europa con decine o centina di bombardamenti atomici, chimici e batteriologici fino a trasformarla in una landa desolata e senza più nessuna forma di vita. I vertici alleati avevano già pianificato:

 «Il lancio di bombe a gas su trenta targets cities, prima fra tutte Monaco, Augusta, Norimberga, Stoccarda, Karlsruhe, Berlino, Colonia, Dusseldorf, Lipsia e Dresda, considerato praticabile da Churchill in un discorso ai capi di Stato Maggiore il 6 luglio 1944 e in un memorandum agli stessi il 26 luglio; all’epoca, l’Inghilterra dispone di 26.000 tonnellate di bombe con gas mostarda e 6000 con fosgene, mentre viene previsto anche l’impiego dell’aggressivo gas chimico “Lhost” contro sessanta città. L’operazione di guerra chimica, della durata di quindici giorni, avrebbe comportato 5.600.000 tedeschi “direttamente colpiti” e in massima parte soccombenti, e 12 milioni di intossicati, essendo sprovvisto di maschere antigas il 65% della popolazione […]

«Invero, già nell’estate del 1940 l’uso dei gas contro le truppe nemiche era stato previsto da Churchill nell’evenienza di uno sbarco tedesco in Inghilterra. Ed egualmente, cessato ogni possibile ritorsione da parte nipponica, l’uso dei gas era stato previsto dagli americani nel Pacifico […] Quanto ad un altro aspetto della guerra, quella batteriologica, nel febbraio 1944 erano stati ordinati negli USA 250.000 ordigni da quattro libbre, le bombe “N” o “Braddock”, contenenti bacilli del carbonchio, con la previsione di usarli in un solo gigantesco attacco di 2700 velivoli col risultato di almeno tre milioni di morti e città ridotte a territori inabitabili anche per decenni». [9]

 Questo sarebbe stato dunque il futuro che i “liberatori” avevano in serbo per l’Europa, non solo per la Germania e non solo per i “nazisti”, ed è stato solo il caso ad avergli impedito di portare a termine i loro diabolici piani.

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Lo sterminio del nemico e di un’intera civiltà, per noi altrimenti inconcepibile, è il risultato della particolare forma mentis degli angloamericani, plasmata su una visione del mondo di stampo veterotestamentario, che attraverso il Puritanesimo e il Calvinismo (di chiara derivazione ebraica) ha costituito per secoli la base della loro identità nazionale e della loro coscienza politica.

Le atrocità degli inglesi contro i boeri, gli irlandesi e gli indiani e quelle degli americani contro i pellerossa e tutti i popoli “democratizzati” dal ‘45 ad oggi dimostrano che i crimini di guerra per i popoli anglosassoni non sono un’eccezione ma la norma. Nel corso della loro storia essi hanno dimostrato di essere posseduti da una mentalità sadica e vendicativa che gode dello spargimento di sangue fine a se stesso.

Questa particolare attitudine alla crudeltà discende direttamente dalla tradizione religiosa puritano-calvinista che fa credere agli angloamericani, così come agli ebrei, di essere il popolo eletto da Dio. Un dio geloso che esprime la sua predilezione per un popolo arricchendolo e permettendogli di sfruttare il resto dell’umanità. La nazione che rifiuta di farsi fruttare da loro deve per forza subire la vendetta di Dio, e il modo migliore di vendicarsi è appunto sterminando quel popolo.

A noi tutto ciò può sembrare assurdo e inverosimile, ma non si spiegano in altra maniera ad esempio le parole di un deputato ai Comuni nel maggio 1942, che dopo aver chiesto di fare di tutto per bombardare i quartieri operai in Germania, sbraitò con la schiuma alla bocca: «Io sono un uomo di Cromwell, credo al massacro nel nome di Dio!» [11]

L’esigenza dello sterminio del nemico discende direttamente da questa commistione tra fanatismo religioso e avidità di ricchezza che fa si che gli angloamericani concepiscano la guerra non tra eserciti in armi, dotati di uguali diritti e doveri, ma contro le popolazioni civili, come conflitto mortale fra popoli buoni ed “eletti” e popoli malvagi e “dannati”. Anche oggi i politici alla Casa Bianca agiscono guidati dal medesimo fanatismo.

In questo senso gli angloamericani sono stati gli inventori della guerra totale. Già nella guerra anglo-boera gli inglesi furono accusati di condurre una guerra di sterminio contro la popolazione civile, soprattutto donne e bambini [12]. Ugualmente nella prima guerra mondiale, a causa del blocco alimentare, gli inglesi provocarono più di un milione di vittime tra i civili tedeschi, con una moralità infantile elevatissima [13]. Gli americani, a loro, volta, si sono sempre distinti per una morbosa predilezione nell’uso del fuoco per bruciare vive le loro vittime. Dall’incendio dei villaggi dei pellerossa ai bombardamenti al Napalm contro i vietnamiti e al fosforo bianco contro gli iracheni non esiste soluzione di continuità. John Kleeves, in una sua celebre opera, dimostra che per gli americani gli obiettivi dei bombardamenti strategici non sono militari ma psicologici e pseudo-religiosi. In particolare in essi si esprime il desiderio di vendetta e l’esigenza inconscia di compiere sacrifici umani:

 «Questa esigenza fu soddisfatta dai bombardamenti incendiari delle grandi città tedesche, Dresda, Amburgo, Colonia, Berlino e così via, luoghi che furono trasformati in enormi bracieri di fuoco i cui abitanti venivano immolati al Dio del Vecchio Testamento. E’ chiaro che in un angolo della mente dei pianificatori dei bombardamenti era al lavoro il Vecchio Testamento. Ad uno dei più distruttivi – quello eseguito su Amburgo dal 24 luglio al 2 agosto del 1943, che fece come minimo centomila vittime, per la maggioranza arse vive -fu dato il nome in codice di “Operation Gomorrah”. Gomorra è una delle due città – l’altra è Sodoma – che nel Vecchio Testamento Dio distrusse con una pioggia di fuoco […]

 E’ interessante la scelta della fotografia: sullo sfondo di un cumulo di nere macerie ci sono in primo piano i cadaveri carbonizzati di quelli che erano stati due giovanissimi uomini, forse due adolescenti; essi giacciono uno accanto all’altro, sulla schiena, entrambi con le ginocchia piegate e gli avambracci in posizione verticale come protesi al cielo in un gesto di supplica,o di autodedizione. Sono due vittime sacrificali. Ecco perché l’autore scelse tale fotografia fra le tante a disposizione: gli ricordava un sacrificio umano, gli suggeriva il vero, intimo significato del fatto. Tale pensiero dei sacrifici umani si agitava certamente anche nell’inconscio di Sir Arthur Harris, l’uomo che progettò il bombardamento con quei mezzi (bombe incendiarie)e gli diede il nome di “Operation Gomorrah”». [14]

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La decisione di ricorrere ai bombardamenti strategici era stata presa dai vertici militari angloamericani molto prima della guerra. Essi infatti avevano già da tempo avviato la produzione di bombardieri pesanti come il B17, il B15 e l’Avro Lancaster. Al contrario, gli aerei della Luftwaffe, come lo Stuka, erano leggeri, maneggevoli, e costruiti per effettuare bombardamenti a bassa quota e di alta precisione, progettati per il supporto alle truppe di terra e non per la strategia genocida.

Di fatto gli inglesi avevano deciso per i bombardamenti strategici già nel 1918, quando pianificarono di radere al suolo Berlino con una flotta di bombardieri Handlev-Page. Ma la mente criminale del genocidio, colui che pianificò in maniera fredda e scientifica lo sterminio dei civili, fu l’ebreo Frederick Lindemann, definito da sir Charles Snow in Science and Gouvernement edito nel 1961, un essere «pervaso da un impulso sadico profondamente radicato […] che lo condusse a far annientare i quartieri civili delle città tedesche, portando a morte migliaia di donne e bambini». Lo scrittore Alex Natan noterà: «Col tempo la totale distruzione della Germania divenne per lui una vera ossessione».

Proprio per queste sue caratteristiche psicopatologiche esso, oltre che intimo consigliere, era anche grande amico di Churchill che, in “The Second World War”, così lo ricorda: «Lindemann era già un mio vecchio amico […] divenne il mio principale consigliere per quanto riguardava gli aspetti scientifici della guerra moderna».

Questi loschi individui, assieme ai loro colleghi americani, Morgenthau e Roosevelt (quest’ultimo il 19 agosto 1944, sulla base del disgustoso opuscolo German Must Perish [15] scritto dall’ebreo Theodore N. Kaufmann, aveva dichiarato: «Dobbiamo o castrare il popolo tedesco o trattarlo in maniera tale che non possa più generare uomini che vogliano seguitare nel vecchio spirito»), misero a punto la soluzione finale del problema tedesco, che oltre a sterminare milioni di persone doveva servire anche a spazzare via l’identità dei popoli europei. Lo scopo era di distruggere tutti i tesori che testimoniavano la grandezza dell’antica civiltà dell’Europa, poiché i valori tradizionali europei venivano considerati dagli angloamericani come inconciliabili con quelli della società dei consumi e dell’american way of life. Occorreva perciò fare tabula rasa e ricostruire dalle fondamenta un nuovo mondo e una nuova umanità rieducata, più incline a farsi dominare e sfruttare dalle oligarchie capitalistiche di Londra e Wall Street.

A questo proposito, dopo aver sterminato una parte considerevole della popolazione europea e aver distrutto le più belle città dell’Europa, occorreva occupare interamente il continente e procedere ad un opera di lavaggio del cervello su vasta scala con cui inculcare i valori dell’americanismo: avidità di denaro, egoismo, individualismo sfrenato, materialismo, edonismo, droga, pornografia, degrado morale, cultura pop, esaltazione del negro e imbastardimento razziale. La volontà alleata di distruggere in maniera metodica i tesori e le testimonianze della civiltà europea viene ben sottolineata dalla trasmissione radiofonica tedesca Sprechabenddienst n.22, settembre 1944 dal titolo “L’americanizzazione sarebbe la fine dell’Europa”:

 «Non a caso i bombardieri americani cercano di distruggere con particolare sadismo i grandi monumenti culturali dell’Europa. Queste opere non si possono comprare, ma nascono solo in comunità sane. E quindi, poiché non potrebbero mai nascere negli USA, anche gli altri paesi dovrebbero perderle e non più riaverle. A questo provvederebbe, brutale, un’America vittoriosa. Poiché il nemico ce le invidia, perderemmo inevitabilmente tutte le piccole e le grandi opere di civiltà che abbiamo ereditato e sviluppato dalle generazioni passate. Per questo gli ebrei ritorneranno in tutti i settori e la danza mortale che nel 1933 abbiamo bandito dalla Germania riprenderebbe con maggior vigore: dileggio di tutto quanto ci è sacro: la madre, l’eroe, Dio, esaltazione del negro, decadenza della donna a girl, sporcizia e porcheria per bambini e per adulti, degenerazione in tutti i settori di cultura e di vita».

 Ma una nazione che fa ricorso al bombardamento terroristico si scredita moralmente di fronte al mondo. Da qui deriva perciò la necessità di giustificare i propri crimini accusando l’avversario di crimini peggiori e di convincere l’opinione pubblica che il fine giustifica i mezzi. A questo scopo doveva servire la farsa di Norimberga, il cui statuto venne scritto dagli Alleati nell’intervallo tra un’incursione terroristica e l’altra, mentre essi riducevano in cenere migliaia di donne e bambini innocenti. Assolutamente ineccepibile l’analisi di Maurice Bardèche:

 «Per scusare i crimini commessi nella [loro] condotta di guerra, [per gli Alleati] era assolutamente necessario scoprirne di ancora più gravi dall’altra parte. Bisognava assolutamente che i bombardieri inglesi e americani apparissero come la spada del Signore. Gli Alleati non avevano scelta. Se non avessero affermato solennemente, se non avessero dimostrato – non importa in che modo – che essi erano stati i salvatori dell’umanità, sarebbero stati solo degli assassini».

Bisognava perciò criminalizzare il Terzo Reich e trasformare la propaganda di guerra in verità storica, poiché come sosteneva nel 1948 Walter Lippmann, uno dei personaggi più influenti dell’entourage rooseveltiano: «Solo quando la propaganda di guerra dei vincitori avrà trovato accoglienza nei libri di storia dei vinti e sarà creduta dalle generazioni successive, si potrà considerare pienamente compiuta la rieducazione».

In questo modo, grazie alla sentenza di Norimberga e alla propaganda sull’olocausto, oggi la maggioranza delle persone è portata con l’inganno a giustificare moralmente i crimini di guerra alleati, poiché hanno sviluppato la convinzione inconscia secondo cui era moralmente giusto massacrare milioni di civili tedeschi e i loro alleati, come punizione per i crimini “nazisti”.

In altri termini ci hanno fatto vedere la storia con gli occhi dei nostri nemici. È proprio questa idea di giustizia, intesa come vendetta dei buoni contro i cattivi, in grado di presentare come legittima ogni atrocità, se perpetrata da coloro che si sono autoproclamati “eletti da Dio”, che determina quello squilibrio della colpa in forza del quale è possibile che oggi ai popoli europei sia imposto di commemorare le vittime di un popolo straniero – quello ebraico – mentre il ricordo dei loro stessi connazionali sterminati dagli invasori è stato fatto cadere intenzionalmente nell’oblio, quando non addirittura disprezzato.

È un’idea, questa, che fa implicitamente proprio l’assunto talmudico che la vita di alcuni popoli, gli ebrei e gli angloamericani, valga più di quella del resto dell’umanità e che pertanto considera crimini autentici e meritevoli di essere condannati solo alcuni e non altri. È da questo squilibrio che trae legittimazione ogni intervento delle Potenze che oggi costituiscono il braccio armato del mondialismo, nonché l’odierna sudditanza del continente europeo all’egemonia americana.

Il paradigma di Norimberga è il presupposto in virtù del quale ai macellai di Washington e ai loro alleati è tutto permesso in nome della “democratizzazione” del pianeta: bombardamenti al fosforo, guerre preventive, torture e stermini di civili. Per questa ragione è assolutamente necessario distruggere il fondamento su cui esso si basa, ossia il pretesto della necessità morale degli angloamericani di liberare il mondo dallo spauracchio di turno, sia esso il “nazismo”, il “comunismo” o il “terrorismo”.

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Per nascondere i crimini degli Alleati la municipalità di Dresda, al servizio del governo di occupazione statunitense, ha vergognosamente ridotto il numero delle vittime dei bombardamenti a tappeto. I negazionisti dell’olocausto tedesco sostengono che a Dresda morirono solo 35.000 persone . Cifra che in realtà rappresenta solo la piccola percentuale che dopo la tempesta di fuoco è stato possibile identificare con certezza, dato che la maggior parte dei corpi era completamente carbonizzata o orribilmente mutilata [16].

Questi falsari della storia, che sono gli stessi che al contrario aumentano a dismisura le vittime quando si tratta dell’olocausto ebraico, perseguono solo un fine politico, quello cioè di occultare e distorcere i fatti per impedire la nascita di un risentimento che potrebbe rivelarsi politicamente dannoso per Washington.

Come giustamente fa notare John Kleeves:

 «Il danno politico causato da Stati Uniti e Gran Bretagna dai bombardamenti della seconda guerra mondiale continua nel tempo. Potrebbe sembrare che tutto sia stato dimenticato: Giappone, Germania e Italia paiono ottimi amici di Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma limitiamoci ai sentimenti dei tre paesi nei riguardi degli Stati Uniti: sono davvero così amici degli Stati Uniti? No davvero. In questi paesi il risentimento antiamericano, dovuto al ricordo della seconda guerra mondiale, è represso dai rispettivi governi, ma in forma latente esiste e in circostanze adatte potrebbe tornare alla luce. In ogni giapponese, sotto una crosta di rispetto e buona disposizione, permane un immancabile nucleo duro di risentimento nei confronti degli Stati Uniti, il loro macellaio della seconda guerra mondiale. Più o meno è lo stesso per quanto riguarda i tedeschi, e più o meno può essere lo stesso negli italiani, e tale risentimento latente nei tre paesi potrebbe rivelarsi nefasto per gli Stati Uniti. In futuro potrebbe anche darsi infatti che gli Stati Uniti abbiano bisogno di loro per la propria autentica sopravvivenza, e che costoro abbiano la possibilità di decidere. Potrebbe allora anche darsi che decidano di ignorare un tale appello, o addirittura che contribuiscano allo scavo della loro fossa. Sono possibilità più concrete di quanto non s’immagini».

NOTE:

[1] L’INGHILTERRA INIZIATRICE DEI BOMBARDAMENTI SULLE CITTA’ di Nicholas Kollerstrom. Spaight sottolineò inoltre che Hitler sarebbe stato disponibile in qualunque momento a fermare la carneficina se gli inglesi fossero stati d’accordo: “Hitler sicuramente non voleva che il bombardamento reciproco continuasse. I rapporti ufficiali tedeschi approvavano in continuazione il concetto di rappresaglia nelle azioni della Luftwaffe … voi smettete di bombardarci e noi smettiamo di bombardarvi”.

[2] ADOLF HITLER: UN CANDIDATO MANCATO AL PREMIO NOBEL: http://olodogma.com/wordpress/2013/03/20/0166-adolf-hitler-un-candidato-mancato-al-premio-nobel/ – Discorso di Hitler 19 luglio 1940: https://www.youtube.com/watch?v=EHcJJcvEHe0

[3] “INTERVISTA” ALLO STORICO INGLESE DAVID IRVING, Chi ha dato l’inizio agli attacchi aerei sulle capitali? Vedi anche l’ottimo documentario: https://www.youtube.com/watch?v=5m6z7Iax31k

[4] The Greatest Story Never Told: Winston Churchill and the Crash of 1929 https://churchillcrash1929.wordpress.com/

Per un profilo su Churchill vedi anche:

WINSTON SPENCER CHURCHILL: UN OMAGGIO Di Harry Elmer Barnes: http://andreacarancini.blogspot.com/2008/04/churchill-visto-da-un-grando-storico.html – Churchill e Roosevelt: due mostri del 20° secolo: http://andreacarancini.blogspot.com/2008/07/churchill-e-roosevelt-due-mostri-del-20.html – The War Criminal Churchill di Alfred Rosenberg: http://research.calvin.edu/german-propaganda-archive/schul05.htm

[5] L’INGHILTERRA – INIZIATRICE DEI BOMBARDAMENTI SULLE CITTA’Di Nicholas Kollerstrom (2007)

[6] Lo scrittore Kurt Vonnegut, che fu testimone del bombardamento di Dresda, in quanto presente nella città come prigioniero di guerra, e che lo descrisse nel libro Mattatoio n°5, affermò in un’intervista concessa a The Independent (Londra, 20.12.2001, p. 19): “Sì, da parte dei nostri [gli inglesi], direi. Voi, ragazzi, l’avete ridotta in cenere, trasformata in una sola colonna di fuoco. Sono morte più persone lì, nella tempesta di fuoco, in quell’unica grande fiamma, che a Hiroshima e a Nagasaki messe assieme”

[7] “INTERVISTA” ALLO STORICO INGLESE DAVID IRVING, Chi ha dato l’inizio agli attacchi aerei sulle capitali? [7b] Testimonianza oculare dei mitragliamenti sui civili: http://www.timewitnesses.org/english/~angela2.html

[8] I PIANI ALLEATI PER L’ANNIENTAMENTO DEL POPOLO TEDESCO, Pubblicato sul Vierteljahreshefte fuer freie Geschichtsforschung (quaderni trimestrali per la libera ricerca storica) 5(1) (2001), pag. 55-65.

[9] Gianantonio Valli, La fine dell’Europa

[10] John Kleeves, Un paese pericoloso

[11] Il deputato era Sir Archibald Sinclair, Segretario per l’Air.

[12] In un discorso del 25 Luglio 1900, Lloyd George disse: “una guerra di annessione, comunque, contro un popolo fiero deve essere una guerra di sterminio ed è ciò che sembra stiamo commettendo, bruciando proprietà e buttando fuori dalle loro case donne e bambini”. Fonte: Bentley Brinkerhoff Gilbert, David Lloyd George: A Political Life (Ohio State University Press, 1987), pag. 183, 191.

[13] Vedi il nostro articolo: “La vera storia della Prima guerra mondiale. L’alta finanza all’assalto dell’Europa”.

[14] John Kleeves, Sacrifici Umani

[15] Consultabile all’indirizzo: http://www.ihr.org/books/kaufman/perish.shtml

[16] UN OLOCAUSTO VERO: DRESDA, 13 FEBBRAIO 1945 di Thomas Brookes (2008):

Più di 12.000 edifici nel centro della città vennero ridotti in polvere durante l’infernale tempesta di fuoco. Considerando che, oltre ai 600.000 abitanti di Dresda, altre 600.000 persone (profughi provenienti da Breslau) avevano trovato rifugio in questa città sovraffollata, si può tranquillamente presumere che ognuno di questi 12.000 edifici conteneva non meno di 50 persone. Ma di questi edifici non è rimasto praticamente nulla, e le persone che vi erano alloggiate vennero ridotte in cenere da un calore di 1.600 gradi Celsius.

I negazionisti dell’Olocausto Tedesco affermano spudoratamente che a Dresda morirono solo 35.000 persone. Considerato che venne distrutta una superficie di chilometri 7×4, vale a dire di 28 chilometri quadrati, la suddetta cifra “politicamente corretta” significherebbe che sarebbero morte meno di 1.5 persone ogni mille metri quadrati! Nel Febbraio del 2005, una commissione di storici “seri” ridusse ulteriormente tale cifra, affermando che a Dresda erano stati uccisi solo 24.000 tedeschi. Ma chiunque conosca il carattere del sistema politico tedesco sa che questi “storici seri” non sono nient’altro che volgari falsari della storia, pagati per impedire l’emergere della verità con menzogne sempre più sfacciate.

La cifra delle 35.000 vittime rappresenta solo la piccola parte delle vittime che poterono essere identificate con certezza. Erhard Mundra, membro del “comitato Bauzen” (un’associazione di ex prigionieri politici della Repubblica Democratica Tedesca) scrisse sul quotidiano Die Welt (in data: 12.2.1995, a p. 8) che “secondo l’ex funzionario del distretto militare di Dresda, nonché tenente colonnello in pensione del Bundeswehr, D. Matthes, 35.000 vittime furono identificate con certezza, e altre 50.000 vennero parzialmente identificate, mentre ulteriori 168.000 non poterono essere identificate”. Non c’è bisogno di dire che gli sventurati bambini, donne e anziani che vennero ridotti in cenere dalla tempesta di fuoco non poterono parimenti essere identificati.

Nel 1955, l’ex Cancelliere della Germania Ovest Konrad Adenauer dichiarò: “Il 13 Febbraio del 1945 l’attacco alla città di Dresda, che era sovraffollata di profughi, provocò circa 250.000 vittime” (Deutschland heute, edito dall’ufficio stampa e informazioni del governo federale, Wiesbaden, 1955, p. 154).

Nel 1992, la municipalità di Dresda diede la seguente risposta ad un cittadino che aveva chiesto il tasso di mortalità: “Secondo le informazioni attendibili della polizia di Dresda, fino al 20 Marzo [del 1945] vennero trovati 202.040 morti, la maggior parte dei quali donne e bambini. Solo circa il 30% di loro potè essere identificato. Se teniamo conto dei dispersi, sembra realistica una cifra tra le 250.000 e le 300.000 vitttime” (lettera di Hitzscherlich, datata 31.7.1992).

fonte: www.ereticamente.net

IL CRIMINALE PIANO LINDEMANN (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Dicembre 2021)

Dato che la squallida e menzognera storiografia ufficiale ricorda spesso e volentieri crimini mai avvenuti, o avvenuti grazie ad assassini diversi da quelli indicati (l’eccidio di Katyn è forse uno dei casi più emblematici), ritengo utile rispolverare dalla rete un vecchio (ma sempre attuale) articolo che tratta dei vergognosi fatti di Dresda, spesso ignorati ed ancora più spesso minimizzati e giustificati in qualche modo.

In questa sede analizzeremo la genesi del bombardamento criminale, riservandoci di trattare il tutto in modo più ampio ed esauriente sui prossimi numeri del mensile.

Carlo Gariglio

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Il criminale Piano Lindemann e la distruzione di Dresda con le bombe al fosforo.

Di Paolo Germani

Il bombardamento di Dresda, città d’arte tedesca, a guerra praticamente finita, fu uno dei peggiori crimini di guerra commessi dagli alleati contro la popolazione civile. Oggi, come accade sempre più spesso, si cerca di riscrivere la storia e renderla ancora più favorevole ai vincitori, nascondendo i crimini commessi. Nel caso di Dresda ciò che si cerca di fare da decenni è minimizzare il numero dei morti, fino ad arrivare alla ridicola cifra di 25 mila. Ma riscrivere Wikipedia e costringere gli autori a modificare i libri scolastici non è sufficiente per modificare anche la storia.

Quella rimane.

A Dresda morirono centinaia di migliaia di persone, più di quante non morirono in Giappone a causa delle bombe atomiche.

Forse fu proprio questo il motivo scatenante dei bombardamenti di Dresda. La guerra in Europa era praticamente finita e le bombe atomiche destinate alla Germania non erano ancora pronte. Quindi, occorreva un bombardamento devastante per ripristinare il tributo di sangue richiesto ai tedeschi dai vincitori.

Il bombardamento di Dresda venne eseguito sulla base dello schema criminale elaborato da Friedrich Lindemann, consulente e amico personale di Winston Churchill, a cui abbiamo già dedicato un articolo.

Ricordiamo, per completezza, lo schema di attacco elaborato da Lindemann:

1. Quando necessario, a seconda dell’ora e delle difese della città da attaccare, i bombardamenti erano preceduti dal lancio di striscioline di carta stagnola della lunghezza di 25 centimetri, dette “windows” il cui scopo era quello di confondere i radar nemici (idea di Lindemann risalente addirittura al 1937);

2. una prima ondata di bombardamenti convenzionali per sventrare gli edifici, scoperchiare i tetti, creare varchi, rompere i vetri delle finestre, ed aprire quindi la strada al fosforo incendiario, per farlo entrare in ogni casa e in ogni edificio;

3. una seconda ondata con utilizzo di bombe al fosforo per provocare incendi in ogni edificio, produrre temperature di oltre 1000 gradi, causando venti di oltre 250 km orari al fine di causare il maggior numero possibile di vittime civili;

4. sospensione dei bombardamenti fino all’arrivo dei soccorsi dei pompieri e delle ambulanze, creando una parvenza di ritorno alla normalità;

5. una terza ondata di bombe al fosforo per uccidere tutte le forze di soccorso impegnate nello spegnimento degli incendi e quanto rimaneva della popolazione. Il tutto in cerchi concentrici estesi fino alla periferia della città;

6. ondate successive con mitragliamento dei superstiti a bassa quota.

Non è necessario commentare il criminale piano elaborato da Friedrich Lindemann, il cui obiettivo non era quello di distruggere le postazioni militari, ma uccidere il maggior numero possibile di tedeschi.

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B-17 Flying Fortresses of the U.S. Eighth Air Force’s Third Air Division bomb German Communications at Chemnitz Marshalling yard near Dresden, Germany, on Feb. 6, 1945 during World War II. Cutting off the rail lines here aided in shutting off the flow of supplies to the German Front. Thirteen hundred B-17 Flying Fortresses and B-24 Liberators bombed this and many other industrial and rail targets throughout central Germany. (AP Photo/U.S. Official Photo)

A seguire alcune considerazioni di Marco Pizzuti tratte da un articolo pubblicato sul sito L’Inchiesta.

I bombardamenti anglo-americani di Dresda fecero più vittime della bomba atomica.

Il rapporto ufficiale stilato il 22 marzo 1945 dal colonnello Grosse per conto dello Stato maggiore tedesco menzionava il recupero di 202.040 salme, principal-mente di donne e bambini (gli uomini erano quasi tutti occupati al fronte o nelle fabbriche sparse per la Germania), e prevedeva che il loro numero sarebbe salito ad almeno 250.000. Tale rapporto è stato bollato come mera propaganda nazista dai governi alleati, che avevano tutto l’interesse a minimizzare l’entità della strage, ma secondo le stime più imparziali e realistiche effettuate dagli storici che hanno riesaminato la dinamica dei raid aerei e il numero di residenti effettiva mente presenti in città durante i bombardamenti, a Dresda morirono almeno 135.000 persone.

Ciò significa che, se gli storici revisionisti (etichetta usata per screditare gli studiosi autori di rivelazioni scomode) hanno ragione, alcuni bombardamenti a tappeto degli angloamericani ebbero effetti addirittura più devastanti dell’ordigno atomico sganciato su Hiroshima (78.000 vittime, poi aumentate notevolmente per gli effetti delle radiazioni).

La controversia sul numero delle vittime di Dresda è ancora aperta, e molto probabilmente non si arriverà mai a una stima definitiva condivisa da tutti gli storici, e l’unico fatto certo è che si trattò di un’ingiustificabile strage di civili tedeschi perpetrata a guerra ormai conclusa (Alleati e sovietici si erano già accordati sulla spartizione del paese).

Nel frattempo, quindi, per poter comprendere come andarono veramente le cose al di là delle versioni ufficiali troppo accomodanti con i vincitori, non resta che riassume re quanto emerso dai documenti storici, dalle statistiche e dalla ricostruzio-ne degli eventi effettuata da Arthur Harris (ex comandante in capo della RAF), corroborata dalle centinaia di testimonianze degli stessi aviatori alleati che parteciparono ai bombarda-menti. I raid aerei alleati, invece di colpire solo il comando locale della Wehrmacht, si concentrarono contro le abitazioni civili del centro storico distruggendo 24.866 case su un totale di 28.410 e radendo al suolo un’area di 28 km2 in cui vi erano 72 scuole, 22 ospedali (il più grande complesso ospedaliero della Germania centrale), 19 chiese e 5 teatri.

Secondo la versione dei governi alleati, durante il bombardamento di Dresda vennero uccise al massimo 25.000 persone. Tale cifra, però, è altamente improba-bile, perché un centro storico cittadino di soli 15 kmq ospita mediamente 85.000 persone e, come detto, nei giorni dei tre raid aerei la città era stata presa d’assalto dai profughi della Slesia, della Prussia Orientale, di Berlino e della Pomerania. Circa un mese prima dell’attacco, il 16 gennaio 1945, la Wehrmacht richiese l’evacuazione entro 7 giorni di vaste aree troppo vicine alla linea del fronte. L’ordine di evacuazione costrinse 7 milioni di tedeschi ad abbandonare le proprie case e a fuggire verso ovest con tutto ciò che potevano trasportare a piedi o su carri di legno trainati da cavalli.

Si trattò di una marea umana composta prevalentemente da donne, bambini e anziani che si ritrovarono improvvisa-mente a dover dormire all’aria aperta ed esposti alle intemperie del rigido inverno con temperature sotto zero. Migliaia di essi perirono di stenti e malattie durante l’esodo, mentre la maggior parte si accampò nei centri urbani organizzati per il loro smistamento. Per tale motivo, la città di Dresda, che prima della guerra aveva una popolazione di 630.000 abitanti, nel febbraio 1945 ospitava diversi centri di accoglienza per bambini evacuati, un enorme numero di profughi e molti lavoratori forzati di diverse nazionalità, che si assommavano ad alcune decine di migliaia di prigionieri di guerra alleati e russi.

Nel complesso, quindi, i residenti effettivi di Dresda ammontavano a circa 1 milione 300.000. Il massiccio attacco aereo alleato che ridusse in cenere la città stracolma di profughi ebbe luogo nella notte tra il 13 e il 14 febbraio, con due diversi raid programmati per susseguirsi uno all’altro con un intervallo di 3 ore. Nell’incursione vennero impiegati ben 1400 velivoli e il passaggio del primo raid

doveva servire a confondere i pochi caccia intercettori notturni tedeschi rimasti per far credere che l’attacco principale era terminato. La pausa di 3 ore, invece, era stata appositamente studiata per far attecchire bene gli incendi e cogliere di sorpresa i soccorritori e le persone che uscivano dalle cantine credendosi in salvo.

Il Maresciallo dell’Aria Harris aveva calcolato che nel giro di 3 ore gli incendi sarebbero divenuti indoma-bili e le squadre antincendio del la Germania centrale avrebbero avuto il tempo per correre in aiuto della popolazione e penetrare nel cuore della città dove sarebbero stati massacrati dalle bombe del secondo raid alleato. Le fiamme degli incendi, inoltre, avrebbero reso la città ben visibile ai piloti dei bombardieri. I calcoli di Harris si rivelarono giusti, perché tutto andò come previsto. Per questo motivo, la seconda incursione fu particolarmente devastante e le bombe incendiarie ad alto potenziale incenerirono quasi all’istante i corpi dei residenti colpiti, rendendo impossibile qualsiasi conteggio esatto delle vittime.

In this British Official Photo, on the night of February 13/14, 1945, Lancasters of R.A.F. Bomber Command made two very heavy attacks on Dresden, an important center of communications and a base for the defense of Eastern Germany. Heavy bombers of the U.S. 8th Air Force attacked this target the following day. The smoke from fires still burning drifts across Dresden on Feb. 14, 1945. The fires involved an engine roundhouse, the central goods depot and any wagons in the heavily loaded yard. Several large industrial premises and an oil stores are also burning. (AP Photo/British Official Photo)

Al bombardiere guida alleato a cui era stato affidato il delicato compito di individuare con precisione gli obietti vi da colpire venne detto che lo scopo della missione era interrompere la ferrovia e altre importanti linee di comunicazione che passavano attraverso Dresda, ma nel settore indicato i piloti non trovarono nessuna delle 18 stazioni ferroviarie che avrebbero dovuto distruggere, perché il vero scopo era radere al suolo le abitazioni per abbattere il morale della popolazione tedesca e mostrare «i muscoli» ai sovietici con cui erano già in trattativa per la spartizione dell’Europa.

L’infernale pioggia di bombe incendiarie surriscaldò l’aria e creò fortissimi vortici in grado di risucchiare dentro il fuoco la folla di persone in fuga. Nonostante la città fosse stata trasformata in un immenso e spaventoso falò visibile da 320 km di distanza, non fu colpito nessuno dei pochi obiettivi militari esistenti, come il vicino aeroporto (con molti apparecchi della Luftwaffe a terra) o il ponte ferroviario di Marienbrücke sull’Elba.

Quando le prime squadriglie di bombardieri pesanti arrivarono su Dresda, trovarono il cielo illuminato dalle luci abbaglianti dei bengala di segnalazione lanciati dagli aerei più piccoli e veloci alla testa della formazione (gruppi di «localizzatori» equipaggiati con velivoli Mosquito) per indicare i bersagli con estrema precisione. I tedeschi  vennero completa-mente colti di sorpresa perché non potevano immaginare che lo scopo della missione alleata fosse quella di bombardare una città di smistamento profughi come Dresda.

Di conseguenza, fino agli ultimissimi minuti venne allertata solo la popolazione di Lipsia, cosicché i residenti della città non ebbero neppure il tempo di mettersi al riparo nelle cantine.

Tale circostanza, quindi, non può che aver fatto salire il numero delle vittime ben oltre quello indicato dai rapporti ufficiali alleati, mentre i Lancaster con il loro carico di bombe furono liberi di girare ben 130 metri di pellicola (attualmente conservati presso gli archivi cinematografici dell’Imperial War Museum di Londra) sulla città in fiamme senza venire sfiorati da un solo proiettile nemico.

Gli stessi equipaggi anglo-americani erano stati tratti in inganno dalle informazioni fuorvianti dei loro comandi e rimasero stupiti quando si accorsero che la città era priva di difese e non vi era alcuna traccia di obiettivi militari di qualche rilevanza. Ecco, ad esempio, come vennero informati i piloti del 3° Gruppo bombardieri: «Il vostro gruppo attaccherà il quartier generale dello  esercito tedesco a Dresda». Altri equipaggi, invece, testimoniarono di aver ricevuto l’ordine di bombardare la «città fortezza» di Dresda, mentre ad altri ancora venne riferito che avrebbero dovuto distruggere i grandi depositi tedeschi di armi e di provviste utilizzati dai tedeschi per lo approvvigionamento del fronte orientale.

Ad alcuni ufficiali fu addirittura raccontato che l’obiettivo era il comando della Gestapo, un grande stabilimento di gas venefici, uno snodo ferroviario nevralgico o un centro industriale dove venivano fabbricati motori elettrici e munizioni. Pertanto, quasi nessun pilota sapeva che, in realtà, avrebbe bombardato una città d’arte priva di difese e stracolma di profughi disperati.

Il colonnello H.J.F. Le Good documentò la totale assenza di difese a protezione della città nel suo rapporto di servizio:

«13-14 febbraio 1945, Dresda. Sereno sopra il bersaglio, praticamente l’intera città in fiamme. Niente contraerea».

Paradossalmente, inoltre, lo scalo ferroviario a sudovest della città, che poteva essere di qualche interesse militare, venne lasciato quasi indenne. I bombardieri alleati vennero caricati per il 75 per cento con bombe ad alto potenziale incendiario e per il resto con bombe dirompenti. Queste ultime furono impiegate per di struggere i tetti, le porte e le finestre, mentre le prime furono sganciate subito dopo per appiccare gli incendi attraverso ogni varco aperto.

Dresda era una magnifica città d’arte con secoli di storia e caratterizzata da costruzioni parzialmente in legno, che iniziarono ad ardere come tizzoni all’arrivo delle prime bombe incendiarie. Il «localizzatore» del Mosquito inviato in avanscoperta per ispezionare la città e sganciare le bombe di segnalazione manifestò subito tutto il suo imbarazzo nel constatare la totale assenza dei riflettori e dei cannoni leggeri della contraerea. L’olocausto di Dresda, però, non era terminato, e il 14 febbraio 1945 i resti della città ancora in fiamme e oscurati da un fungo di fumo alto 5 km vennero nuovamente bombardati da 450 fortezze volanti americane. La terza incursione avvenne di giorno su una città già ridotta in macerie e abitata solo dai morti. L’unico effetto che ottenne fu quello di «ripulire» la città fantasma dai cadaveri delle vittime non ancora completa mente inceneriti.

** ARCHIV ** August Schreitmuellers Sandsteinfigur “Guete” blickt vom Rathausturm auf das zerstoerte Dresden auf diesem Archivbild von 1945. Mit zahlreichen Veranstaltungen wird am Mittwoch, 13. Feb. 2008, der Opfer der alliierten Luftangriffe auf Dresden im Jahr 1945 gedacht. (AP Photo/ADN) ** NUR S/W ** August Schreitmueller’s sandstone sculpture “The Goodness” from the Rathausturm (Townhall Tower) overlooks the destroyed city Dresden in 1945. During World War II, allied bombings left the city in ruins. (AP Photo/ADN, Richard Peter)

Molti dei sopravvissuti che si erano rifugiati nelle cantine persero la vita come topi in trappola, mentre tanti anziani preferirono morire in casa piuttosto che cercare di salvarsi correndo tra le fiamme. Il giorno dopo le incursioni aeree, la temperatura all’interno di molti rifugi era ancora così elevata che nessuno dei soccorritori poté entrarvi.

Anche ai piloti del terzo raid alleato venne detto che avrebbero dovuto bombardare importanti installazioni ferroviarie difese dalla contraerea e alcuni piloti dei caccia di scorta si gettarono in picchiata per mitragliare i mezzi di trasporto delle colonne dei civili tedeschi in fuga. Una volta terminato l’ultimo attacco, le linee ferroviarie (che avrebbero dovuto essere l’obiettivo militare più importante) avevano subìto lievi danni e furono riparate in soli due giorni, mentre l’affollato aeroporto di Dresden Klotzsche non era stato neppure sfiorato dalle bombe.

I residenti morirono nei modi più diversi: alcuni avevano il corpo ricoperto di ustioni, altri erano stati sepolti dalle macerie. Alcune vittime sembravano tranquillamente addormentate, altre avevano il volto straziato dal dolore ed erano state quasi denudate dagli uragani artificiali d’aria rovente scatenati dalle bombe incendiarie. I cadaveri dei profughi avevano indosso solo pochi stracci, che facevano da stridente contrasto con i vestiti eleganti dei cittadini sorpresi dalla morte mentre uscivano da teatro. L’immenso calore aveva fuso le grandi vetrate e l’asfalto che, sciogliendosi, avevano inglobato al proprio interno diverse persone, fino a formare un’unica massa informe. Di moltissime altre, invece, non era rimasta che la cenere.

Il 22 febbraio 1953 uno scottante editoriale dell’autorevole «Süddeutsche Zeitung» di Monaco criticò aspramente le ragioni ufficiali di quella strage di innocenti: la spiegazione [da parte del Dipartimento di Stato americano] secondo cui Dresda sarebbe stata bombardata in seguito alle istruzioni sovietiche, per ostacolare l’invio di truppe di rinforzo attraverso la città, è in lampante contraddizione con i fatti.

La ferrovia tra Dresda e la frontiera cecoslovacca (la sola in questione) passa fra una catena di montagne e il fiume Elba. Distruggere queste linee sarebbe stato facile per i bombardamenti mirati della RAF. Al contrario, si rimane stupiti per la straordinaria precisione con cui furono distrutte le zone residenziali della città, ma non le installazioni importanti. La stazione centrale di Dresda era piena di pile di cadaveri, ma le linee ferroviarie erano solo lievemente danneggiate e dopo una breve interruzione furono di nuovo in servizio.

Anche per storici americani e britannici di rilievo internazionale, come Gregory Stanton, Donald Bloxham e Antony Beevor, e per il tedesco Günter Grass, premio Nobel per la letteratura, il bombardamento di Dresda fu un vero e proprio crimine contro la popolazione inerme di una nazione già militarmente sconfitta. Peraltro, il giorno dopo l’ultimo bombardamento i comandi alleati smisero di inventare obiettivi militari per camuffare le loro vere intenzioni e ordinarono espressamente di colpire la popolazione:

«Il vostro bersaglio di questa notte sarà Chemnitz. Attaccheremo i profughi che si sono rifugiati là, specialmente dopo l’attacco di Dresda di ieri notte».

A un altro equipaggio venne detto:

«Chemnitz è una città a circa 50 km a ovest di Dresda, ed è un bersaglio molto più piccolo. La ragione per cui andate là stasera è di finire di far fuori quei profughi che possono essere scappati da Dresda. Porterete gli stessi carichi di bombe, e se l’attacco di stanotte avrà lo stesso successo del precedente, non dovrete più recarvi a visitare il fronte russo».

Sin dalla fine del 1943, i caccia angloamericani approfittarono dello scarso livello di protezione delle città e delle campagne italiane e tedesche per gettarsi a volo radente al suolo e mitragliare qualsiasi cosa si muovesse, senza fare alcuna distinzione fra soldati, civili, anziani, donne e bambini. Il governo del Regno Unito negò ufficialmente che i propri bombardieri provocassero la morte in massa di civili tedeschi e nel 1944 il 90 per cento dei cittadini britannici dichiarò di non essere a conoscenza dei bombardamenti a tappeto sui civili.

In realtà, la maggior parte della popolazione del Regno Unito era compiaciuta dei risultati raggiunti dai bombardamenti terroristici sulle città tedesche come Colonia e Amburgo, e la sua unica preoccupazione erano eventuali rappresaglie di Hitler. Il 28 marzo 1945 Churchill prese le distanze dalla conduzione della guerra aerea e cercò di far passare i crimini di guerra per un’idea di Harris, il quale si difese in seguito affermando che «Churchill si era sempre adoperato con vigore affinché tutte le città tedesche venissero distrutte una dopo l’altra».

Di Marco Pizzuti

Fonte: www.linkiesta.it

Premessa: Paolo Germani