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IL GRUPPO TNT (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Settembre 2021)

Una doverosa premessa prima di addentrarmi nell’argomento: i fatti che sto per narrare non corrispondono per nulla alla data di pubblicazione del presente numero del giornale; ciò perché ho accumulato un grave ritardo nella stesura, causato più che altro dalla mancanza di voglia di continuare nei miei scritti.

Ormai scrivo da circa 40 anni, ma è come predicare nel deserto… Nessuno legge, tutti si sono trasformati in decerebrati che si esprimono a suon di faccine (le cosiddette “emoticon”) senza avere più la capacità di articolare un discorso; persino i miei tesserati, che dovrebbero essere i primi beneficiari dei miei articoli, dimostrano spesso e volentieri di non avere letto praticamente nulla, almeno stando a certe affermazioni ed a certe domande che mi vengono poste.

Che dire degli altri, cioè il popolo di cerebrolesi che credono solo alle baggianata sentite in TV? Ormai per chiunque sappia leggere è assolutamente dimostrato che il cosiddetto olocausto (giusto per restare in argomento) è un’invenzione ebraica di cui si trova traccia nella loro pubblicistica fin dalla fine del 1800; la demografia smentisce le loro balle sui “6 milioni”, ma anche la chimica, le loro stesse testimonianze (http://lavvocatodeldiavolo.biz/?p=460), se lette con un minimo di spirito critico, le testimonianze della Croce Rossa, che ispezionò tutti i campi di concentramento tedeschi senza trovare tracce di camere a gas, stermini e bufale simili. Non a caso il capostipite del revisionismo storico sul cosiddetto olocausto fu un certo Paul Rassinier, francese, comunista, membro della resistenza decorato, deportato a Buchenwald e Dora, che però ebbe l’onestà intellettuale di denunciare tutte le balle che andavano raccontano molti dei suoi compagni di prigionia.

Eppure l’italiano medio (e non solo, purtroppo), preferisce credere alle favole ed alle cifre sparate a caso dai giornali nelle mani delle lobbies giudaiche, come Il Giornale, che ebbe l’ardire di correggere la già ridicola cifra dei 6 milioni in addirittura 15 – 20 milioni!

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/olocausto-studio-choc-rivela-uccisi-15-20-milioni-ebrei-892608.html

Dall’articolo sopra citato, estraggo la parte più significativa per fare capire la strategia giudaica:

“Una scoperta che rischia anche di far riaprire migliaia di cause. Familiari e sopravvissuti, non risarciti perché detenuti in campi non riconosciuti, potranno infatti chiedere nuovamente i danni”.

Capito qual è la tattica? Piagnucolare per morti inesistenti per ottenere risarcimenti cospicui e nel contempo continuare a demonizzare chi si permette di ristabilire la verità storica!

E’ a malapena il caso di ricordare che dalle statistiche del 1938 risulta che in tutta Europa (compresa la parte che non venne mai invasa dalle Germania) erano presenti circa 6 milioni di ebrei, e che il loro numero a livello mondiale non ha quasi mai superato il numero di 15 milioni.

Diabolici questi “nazisti”, che sarebbero riusciti a sterminare 20 milioni di persone avendone a disposizione solo 6 milioni!

Ma certamente questa comunità di ratti sarà riuscita a monetizzare anche questo.

Immagino che il lettore avrà capito l’argomento di questo articolo, ovvero una setta rancorosa di criminali ed assassini (qualcuno la chiama razza, ma sono cretinate), odiata e cacciata da tutti i poli della Storia a causa del loro vizietto di praticare l’usura, di accoppiarsi con bambine di tre anni (lo permettono le loro “sacre” scritture, non è una invenzione), di praticare rituali sacrifici umani (informatevi, cari amici dei giudei: https://morasha.it/quelle-pasque-di-sangue/) e soprattutto di predicare precetti di una falsa religione che gli assegnerebbe il ruolo di popolo “eletto” da Dio che deve schiavizzare tutti gli altri popoli… Questa setta, non paga di detenere il monopolio dell’informazione praticamente a livello mondiale, si scaglia anche contro i poveracci come il sottoscritto, che a disposizione per fare sentire la sua voce ha un piccolo blog, un sito internet appartenente al movimento che mi onoro di rappresentare e pochi profili pubblici sui cosiddetti social.

La caratteristica di questa setta di ratti è quella di agire e tramare sempre nell’ombra; più o meno come i topi e gli scarafaggi che decidono di colonizzare le nostre case, sono quasi invisibili mentre costruiscono nidi bellissimi nei nostri materassi e nei vecchi divani in disuso, mentre si cibano, ovviamente, del nostro cibo. Ed è esattamente quello che hanno fatto nella Palestina occupata, dapprima con l’inganno, poi con il terrorismo, ed infine proclamando ai quattro venti la costituzione del loro Stato (pirata, ovviamente), dal quale hanno eliminato mediante deportazioni e genocidio la gran parte degli abitanti e legittimi proprietari del territorio.

Il sottoscritto da tempo dedica articoli a questi criminali, ricordando le loro “epiche” imprese nella Palestina occupata, nonché le favole olocausti che inventate per giustificare i loro attuali massacri.

Non solo hanno violentato la religione, inventandosene una per coprire i loro crimini… Non solo hanno violentato la Storia, inventando olocausti e camere a gas mai esistite… Ma oggi violentano anche la geografia, pretendendo di partecipare a tutte le competizioni sportive come “europei” (sarà per quello che questa Europa ci fa letteralmente vomitare?); proprio in questo periodo, abbiamo visto la loro bandiera criminale biancoazzurra sventolare in varie competizioni europee… Mentre alle stesse competizioni gli atleti russi e persino bielorussi è stato impedito di partecipare. Evidentemente una guerra di confine per alcuni territori contesi è più grave di un genocidio che i giudei mandano avanti imperterriti dal 1948!

Tornando all’argomento principale, questo vero e proprio pattume del genere umano ha iniziato una guerra senza quartiere contro il sottoscritto, umile appassionato di Storia e politica senza potere alcuno… Tranne quello della verità, che il giudeo odia a prescindere.

Ecco quindi una prima operazione di profilazione e controllo, culminata con la chiusura dei miei profili Facebook, dai quali ho sempre portato avanti la mia solitaria battaglia.

Con la loro tipica tattica da ratti, hanno chiamato a raccolta tutto il loro sudicio mondo, al fine di segnalarmi come “pericoloso” nazista a cui proibire la parola, come potete notare dalla copia di un messaggio diffuso da un circonciso…

Noterete che pochissimo tempo dopo la sua pubblicazione, il circonciso aveva già ben 164 “like”, 119 commenti (per lo più insulti al sottoscritto sulla fiducia, dato che lo aveva detto il grand’uomo che pubblicavo post antisemiti!), nonché 31 condivisioni: ovvero, già 31 cialtroni della comunità dei ratti aveva sentito il bisogno di ripubblicare il delirio di un correligionario, senza mai avere saputo, né letto, nulla del sottoscritto!

Purtroppo per loro sono ancora a piede libero, quindi i loro buoni uffici presso sinagoghe e commissariati non hanno ancora sortito effetto, ma la propaganda contro il sottoscritto ha sortito il primo effetto, in quanto sono stato cacciato da Facebook senza neppure una formale accusa circa un messaggio preciso. Bastano la parola e la richiesta del giudeo di turno per essere zittiti ed eliminati, alla faccia della tanto decantata libertà di espressione.

Persino un ulteriore profilo che tentai di aprire dopo alcuni giorni venne chiuso d’ufficio, pur non avendo mai pubblicato nulla di alcun genere… Ma si sa, quando parla il giudeo, l’altro giudeo obbedisce senza troppe domande, quindi niente profili per Carlo Gariglio, indipendentemente da quello che scrive!

Ma c’è di più… Come potete ammirare qui a fianco, una sottospecie di vescica di lardo senza una forma umana, decide di segnalare anche mia moglie, per il reato di essere… Mia moglie!

La vescica di lardo, che nel suo profilo si spaccia per scrittrice (sarà per quello che scrive “okkio” con la K al posto di “ch”… Licenza giudaica?), evidentemente è invidiosa del fatto che in altre comunità esistano rapporti umani che non si basano sulle favole olocaustiche e sulle cause comuni per derubare banche e assicurazioni, così come sarà certamente invidiosa del fatto che nel mondo civile ci si sposi per affinità di carattere, sentimenti, gradimento fisico… Lei, che a giudicare dall’aspetto, non può che essersi accontentata del classico matrimonio combinato fra correligionari, non può che reagire male davanti ad una moglie “normale”, indi segnala…

Vi risparmio altri pietosi e stomachevoli casi di ratti che hanno partecipato a questa campagna diffamatoria anti verità, anche se ce ne sarebbero molti altri…

Quello che è importante è il seguito, cioè l’apparire sulla scena del duo più stomachevole del giornalismo (?) italiano, ovvero la squallida coppia Cruciani – Parenzo!

Stimolati evidentemente da qualche altro ratto da sinagoga, il duo di cialtroni ha iniziato a cercarmi poco prima del dicembre 2021, naturalmente tramite un servo sciocco e quasi anonimo… Tale Elia… Coglioncello! Non merita neppure di essere citato con il suo vero cognome, dato il suo ruolo di squallido lacchè che si riduce persino a crearsi un profilo sul social VK (il Facebook russo), dal quale ha chiesto “l’amicizia” al sottoscritto ed ha persino sottoscritto l’iscrizione alla pagina dedicata al MFL-PSN… Ed il tutto per poi girare ai dementi sopra citati tutti i miei (e pure quelli di mia moglie) interventi e scritti vari.

Questo coglioncello, mandato avanti dal duo della sinagoga, ha poi cominciato a cercarmi telefonicamente… Cercare proprio me, non altri membri e dirigenti del movimento… Ma gli ordini della sinagoga erano precisi, ed il coglioncello sempre pronto e sempre agli ordini, come il personaggio Grunf del mitico fumetto “Alan Ford e il gruppo TNT” (capito ora il riferimento al titolo di questo articolo?), aveva evidentemente proprio l’ordine di colpire Gariglio e famiglia.

Aprendo una parentesi, tutta questa tragica farsa ricorda il fumetto “Alan Ford”, del quale ero appassionato lettore in gioventù. E così come abbiamo l’idiota Grunf, sempre agli ordini, abbiamo anche il Bob Rock – Parenzo, cioè una sorta di nanetto con il naso grosso reso sempre irascibile dalla sua deformità, nonché lo straccione con la barba incolta, il Conte Oliver, che pur credendo di essere un nobile erede di un antico casato inglese, si presenta sempre con abiti lisi e rattoppati, nonché da una barba da clochard ridicola… Anche se, a dire il vero, il Conte Oliver si risparmia le decine di anelli di ferraglia che la sua copia Cruciani esibisce con orgoglio!

Tornando all’argomento principale (lascio alle foto pubblicate la verifica delle similitudini fra i personaggi di Alan Ford ed i tre pagliacci al soldo della sinagoga, quando finalmente il coglioncello riuscì a parlarmi, da buon giudeo falso e viscido, si presentò molto rispettosamente e con ossequio, fingendo di essere un giornalista interessato ad intervistarmi per un suo podcast… Fateci caso: i giudei si presentano sempre come sinceri democratici che vogliono dare spazio ad esponenti di piccoli movimenti, quando in realtà organizzano solo trappole nelle quali fare cadere i loro “nemici”, per insultarli e diffamarli senza possibilità di replicare a dovere.

Nel 2006 capitò anche con il capo dei dementi da sinagoga, Parenzo, che mi invitò ad una trasmissione di Tele Lombardia (unico canale che lo faceva lavorare come giornalista, essendo di proprietà di Zio Parenzo); anche allora si attirarono vari esponenti di piccolissime realtà, relegati poi in uno studio televisivo con i microfoni spenti, a fronte di vari esponenti della solita politica, che viceversa avevano i microfoni sempre accesi e potevano intervenire ogni momento per deridere, sfottere, zittire…

Ovviamente il giudeo Parenzo, conscio del fatto che insultare qualcuno presente in studio e con le mani vicinissime al suo grugno potrebbe essere particolarmente rischioso, si mostrò cordiale, affabile e solo un po’ stupito dalla mia stima per Hitler…

Chi ha dei dubbi, si riguardi l’inizio della trasmissione a questo link:

Ovviamente, non è il caso di vedere più di due ore di una trasmissione di merda, ma per pesare il personaggio giudeo basteranno i primi 5 minuti…

Il nasone poco più alto di un nano, non essendo ancora diventato un “grande” giornalista giudeo impegnato nella difesa del popolo eletto, non si dimostrò la merda che tutti oggi conosciamo, né arrivò agli insulti che eroicamente mi lanciò via radio il 23 dicembre 2021, come chiunque può constatare ascoltando lo schifo chiamato trasmissione radio:

https://www.radio24.ilsole24ore.com/programmi/lazanzara/puntata/la-zanzara-23-dicembre-2021-175526-AEGwzU4

Come noterà chi avrà la bontà di ascoltare il raglio di questi somari, il lurido Bob Nasone è arrivato al punto di chiamarmi “figlio di puttana”, cosa che evidentemente gli avrà fatto pensare di essere mio fratello, anche se per fortuna non ho parenti fra i ratti di quella etnia.

E devo dire francamente che durante la trasmissione (che neppure conoscevo, non avendo i gusti barbari di milioni di italiani), non riconobbi la voce nasale del nostro Bob – Parenzo, credendo addirittura si trattasse di Elia – Grunf… Non potevo credere che esistesse un personaggio così vigliacco e servile che ti tratta con i guanti “de visu”, riempiendoti poi di insulti via radio e telefono, quando la distanza gli garantisce l’integrità del grugno! (In questa pagina potrete vedere l’eroica coppia Grunf – Bob lanciarsi senza paura nella caccia ai nazisti!).

C’è da dire che questi due escrementi piacciono ad un gran numero di ignoranti italiani, i quali fra Grande Fratello, Festival di Sanremo, ridicole piazzate televisive dei vari “nientologhi” (cioè i tanti buffoni senza arte, né parte, tipo Sgarbi, D’Agostino, Mughini, Parenzo, Cruciani, che pur non sapendo nulla degli argomenti che pretendono di trattare, compaiono in ogni trasmissione TV truccati da “esperti”, spesso impegnati in risse, vere o presunte, proprio fra loro stessi!), riescono a divertirsi ascoltando via radio gli insulti e le provocazioni dei due leoni radiofonici, raffigurati degnamente in questa immagine!

Per comprendere appieno il livello delle loro trasmissioni, basta fare una breve ricerca tramite Google e leggere alcuni articoli:

https://www.antimafiaduemila.com/home/terzo-millennio/231-guerre/81691-la-zanzara-di-radio24-tra-insulti-bugie-e-involontarie-verita.html

Utile anche verificare le condanne penali subite dai due cialtroni, anche se per arrivare a condannarli non basta certo la denuncia di un povero nazista come il sottoscritto… In Italia si viene condannati solo se si diffamano magistrati (sempre), o politici (spesso).

https://www.iltirreno.it/grosseto/cronaca/2018/12/22/news/condannati-i-conduttori-e-un-radioascoltatore-diffamato-chicco-testa-1.17588873

https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/25119603/david-parenzo-giampiero-mughini-giuseppe-cruciani-rinvio-giudizio-sono-feccia-convegno-var-calcio.html

Ci sarebbe proprio poco da dire su una coppia di incapaci così disgustosa, maleducata, prevenuta e stipendiata solo per distribuire insulti gratuiti, ma dato che hanno pensato bene di rompere le cosiddette al sottoscritto, pendiamoci la briga di analizzare un po’ il passato di questi due mancati personaggi dei fumetti; del Conte Oliver – Cruciani, oltre alle volgarità e alle condanne penali, troviamo riferimenti alla chincaglieria che indossa (tipo il famoso piazzista della TV detto “Il Baffo”):

https://www.facebook.com/MaestroPietroFerrante/posts/giuseppe-cruciani-indossa-i-gioielli-pietro-ferranteshop-onlinelazanzarawwwpietr/1975556972575367/

Inoltre, giusto per confermare l’impressione di serietà e moralità che mostra al mondo, si trovano anche tracce delle corna che fece a Jovanotti:

https://www.lettoquotidiano.it/2021/10/20/jovanotti-e-il-tradimento-della-moglie-dopo-anni-spunta-il-nome-dellamante/embed/#?secret=UJoV9JRN3s

Per non farsi mancare nulla, dalla sua biografia pare che il Cruciani abbia lavorato agli esordi per Radio Radicale, ove avrà certamente imparato la professionalità dei responsabili, nonché i gusti raccapriccianti degli ascoltatori italiani, che per ben 35 giorni seguirono felici e contenti gli insulti e le scurrilità varie che costoro trasmettevano per fare sì che si parlasse di loro e del loro bisogno atavico di denaro!

https://www.vice.com/it/article/8xkbxk/storia-di-radio-parolaccia-radio-radicale

Ma forse la cosa più esilarante a proposito di Cruciani e della sua spalla da sinagoga la troviamo sul sito di Wikipedia! In una sorta di biografia, Cruciani viene pure definito attore, per avere partecipato per una trentina di secondi alla “sitcom” Camera Cafè… E indovinate insieme a chi? Ma certo, il nostro Bob Nasone… Ormai sono una coppia di fatto!

Pensate il calibro di questi “giornalisti”: vestiti da Carabinieri con un cucchiaio in mano per “imboccare” l’autostrada!

Mi stupisco, data la caratura, che non si siano esibiti nella scenetta del Carabiniere che ficca un dito nel deretano di un collega… Per arrestare uno stronzo! Ma certamente avranno litigato per decidere chi dei due avrebbe dovuto avere l’onore di ricevere il dito nel deretano, ripiegando sull’altra scenetta!

Di Bob – Parenzo abbiamo parlato… Uno squallido figuro che imperversa su tutte le TV grazie alle varie sinagoghe italiane, e che è diventato “giornalista” solo grazie ad uno zio bonario che decise di dargli un lavoro, onde evitare di fare la fine del suo alter ego Bob Rock, come da foto pubblicata sul fumetto in questione diversi anni fa!

L’unica fortuna che abbiamo avuto, come telespettatori italiani, è stata quella di vedere fallire miseramente il tentativo dei due escrementi di portare la loro “Zanzara” in TV; infatti, la loro degna trasmissione è durata ben una puntata su Rete4, prima di essere cancellata a causa dei troppi inulti che tanto amano i radioascoltatori!

https://www.today.it/media/radio-belva-chiude-prima-puntata.html

Qualcuno penserà che si potrebbe terminare qua l’articolo, ma quando si ha a che fare con la feccia, non si arriva mai alla fine!

Già, perché i due escrementi (con la preziosa collaborazione del terzo, il Grunf sempre agli ordini che continua a copiare quanto mia moglie ed io scriviamo su VK per poi mandare il tutto a escremento 1 e escremento 2), forse innervositi dal fatto che nella trasmissione del dicembre 2021 avevo fatto miglior figura di loro, hanno reiterato le provocazioni, rivolgendosi questa volta direttamente al Sindaco di Cellarengo, ove mia moglie ed io siamo ancora oggi Consiglieri Comunali. Ed ecco quindi la squallida trasmissione del 6 maggio 2022, dove potete ascoltare i due escrementi e la signorta Bucco infamare mia moglie e me:

https://www.radio24.ilsole24ore.com/programmi/lazanzara/puntata/trasmissione-06-maggio-2022-185344-AELt4yWB

Qualcuno mi ha anche riferito che escremento 1 e escremento 2 abbiano mandato in onda il giorno precedente (5 maggio) parte della prima “intervista” del dicembre 2021, ma non ho avuto conferme dirette.

Come dicevo prima, il reato di diffamazione non esiste quando ad insultare è un giudeo, mentre l’insultato è un bieco nazista, ma il tono della trasmissione è un reato in sé, con tanto di diffamazione a pubblici ufficiali, dato che anche i consiglieri comunali lo sono; dispiace, dal punto di vista umano, che a dare corda ai due escrementi si sia messa anche la signora sindaca, per dirla alla Boldrini… Certo, ad un ascoltatore distratto parrebbe che la sig.ra Bucco ci abbia difesi, ma dai toni si intuisce la totale mancanza di rispetto nei confronti di persone che conosce ormai da circa 8 anni, con le quali ha sempre finto di avere un rapporto cordiale basato sul rispetto.

Certe frasi tipo “Ho segnalato alla prefettura la loro presenza” sono, in primis demenziali, dato che è proprio alla cosiddetta prefettura che si presentano le liste elettorali, e secondariamente offensivo, dato che si considerano delle persone che agiscono secondo le regole democratiche (quelle che proprio loro non amano seguire), come se fossero dei criminali capitati in Comune per sbaglio e che sarebbe meglio evitare.

Una persona seria avrebbe dovuto semplicemente mettere giù il telefono non appena compreso il tono e lo scopo della telefonata, ma probabilmente il fatto di guadagnare un po’ di fama salendo sulla schiena dei nazisti è stato una tentazione troppo grande.

E le mie sensazioni hanno trovato conferma nei giorni seguenti, quando ho scoperto che i ratti della sinagoga avevano diffuso l’ordine a molti loro correligionari di diffamare il sottoscritto e famiglia, pubblicando qualche delirante articolo che pretendeva di descriverci come macchiette e/o degli squilibrati, senza neppure chiamarci in causa.

Ma se, come dicevo prima, non ho avuto conferme dirette del fatto che i due escrementi abbiano provato a tornare sull’argomento il giorno 5, qualcosa mi dice, indirettamente, che questo sia avvenuto, e che altri escrementi da sinagoga siano stati chiamati a raccolta.

Ecco, infatti, cosa ha pubblicato sul suo sito uno dei pagliacci che ho nominato all’inizio (i nientologhi, ricordate?)

https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/italia-denazificare-altro-che-ucraina-battaglione-azov-ad-asti-fan-309128.htm

Come noterete, quel cumulo di letame definito articolo si concludeva con l’appuntamento per la sera stessa su “La zanzara”.

Chissà se D’Agostino condivide la stessa sinagoga di Parenzo… O magari di Elia Conglioncello “Grunf”, che gli ha fornito tutti i post pubblicati da noi su VK…

Sempre pronto e sempre agli ordini (della sinagoga), vero Grunf?

Ma quando si parla di sinagoghe, potrà mai succedere che non entri nel discorso anche “La Stampa” di Torino, da sempre voce proprio della sinagoga torinese, da di proprietà giudaica?

Eccoli qua, il 9 maggio, pubblicare una delle loro perle, dove mezzo mondo (tranne noi interessati) viene interpellato per parlare e giudicare le nostre persone e le nostre vite.

Per intenderci: quella merda di quotidiano, in più di 30 anni di attività politica, non ha mai pubblicato un mio intervento, presa di posizione e/o lettera, limitandosi a riportare qualche mia parola sui vari articoli pubblicati in occasione di elezioni a cui ho partecipato.

Al contrario, decine di volte sono stati pubblicati insulti e diffamazioni ai miei danni, cui non mi è mai stato concesso di replicare, in barba alla Legge sulla stampa in vigore dal 1948:

“L’articolo   8   della  legge  8  febbraio  1948,  n.  47,  recante disposizioni sulla stampa, è sostituito dal seguente:

 “Art.  8. – (Risposte e rettifiche). – Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel  periodico  o  nell’agenzia  di  stampa  le  dichiarazioni  o  le rettifiche  dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali  siano  stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti  lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni  o  le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale. Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente  sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta  la  richiesta,  in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono”.

Ed ecco la loro “perla”:

https://www.lastampa.it/asti/2022/05/09/news/la_zanzara_di_radio_24_pizzica_i_nazisti_di_cellarengo_-3423147/

E se la cara (ex) amica Sindaca si era in parte contenuta alla radio, dall’articolo precedente si evince qual è il suo reale pensiero e quanto è enorme la sua ipocrisia. Si parte dalle solite autorità invocate, passando poi alla vanteria che conferma quanto già sapevo: la prefettura andrebbe chiamata ‘ndrina, o mandamento, dato che mafiosamente ed in spregio a quelle stesse Leggi a cui hanno anche loro obbedito fino a qualche anno fa, permettendo ad un partito legale di partecipare alle elezioni, oggi si vantano di avere fatto cambiare nome ad una lista, che pure aveva usato un simbolo alternativo privo di Fasci e/o parole collegate. Si vede che i pizzini mafiosi inviati dai vari Fiano e Boldrini ai mandamenti locali hanno sortito il loro effetto!

Viene poi la parte auto celebrativa… La signora Bucco si vanta di avere ottenuto quasi il 90% dei voti, contro poche decine… Vorrei ricordarle che i voti in politica si considerano come percentuali, e che per lei sarebbe il caso di preoccuparsi del fatto che una nota imprenditrice locale, dopo 5 anni del primo mandato da Sindaco, non viene votata dal 12,63% dei votanti, i quali hanno evidentemente preferito un nazista brutto, sporco a cattivo alla Santa donna locale!

Da notare, anche, che se è vero che con due sole liste la seconda classificata elegge 3 consiglieri, è altrettanto vero che se la seconda lista non ottiene neppure un voto, i consiglieri non gli vengono assegnati.

Patetico poi il definire le altrui idee “anacronistiche, deliranti e prive di senso”, specialmente se detto da una persona che fin dal primo giorno della finta pandemia si è coperta il muso con uno straccio, si è prestata a vaccinarsi ed a fare vaccinare, ha privato gli altri dei loro diritti imponendo il green pass, e nonostante tutto ad ogni riunione ci racconta di quale altro credulone come lei ha preso il covid… Nonostante tutte le pagliacciate di cui sopra!

E notiamo anche l’onestà intellettuale della signora Bucco a proposito dei toni duri di una mia missiva a proposito del green pass… Toni da segnalare alle autorità, che diamine!

Ecco il testo incriminato:

A fronte della ricezione della Vs. vergognosa, illegittima edanticostituzionale circolare a proposito del green pass, nessuno di noi parteciperà più alle riunioni.

Terribile, vero? Mi stupisco di essere ancora a piede libero… Ma la ‘ndrina di Asti tranquillizza: siamo innocui, senza seguito e tenuti sotto controllo! Però non siamo mafiosi, a differenza loro!

L’ultimo schifo inventato da “La Stampa” è stato il fare commentare un partigiano che scende dai monti! Un po’ come chiedere a Jack lo squartatore un commento alla vita di Madre Teresa!

Consiglierei a quelli della voce della sinagoga di interpellare il partigiano disceso dai monti su altri argomenti, tipo le 2365 donne torturate e stuprate dai suoi colleghi dopo il 25 aprile (chissà quante prima dell’infausta data!)

O magari un commento ad una Sentenza del 1954, che conferma come lorsignori siano solo dei banditi:

http://www.laltraverita.it/documenti/sentenza_tribunale_militare.htm

Stia attenta la signora Bucco, che ama frequentare certa gente… Anche se ormai non dovrebbero più avere certe voglie!

Carlo Gariglio

IL COLPO DI STATO DEL 25 LUGLIO 1943  (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Agosto 2021)

Per questo numero del mensile cedo volentieri la parola al Camerata Giuliano Scarpellini, autore dell’ennesimo ottimo articolo di ricerca storica che copio a seguire. Buona lettura!

Carlo Gariglio

E’ opinione quasi unanime degli storici – compresi quelli seri – che il colpo di Stato del 25 luglio 1943 fu innescato dall’invasione alleata della Sicilia e dalla consapevolezza di non potersi opporre a tale invasione. Ciò non è affatto vero.

Quella che fu, per lo scopo e per le modalità con cui fu messa in atto da vertici politici e militari, la più sporca e subdola manovra politica nella storia della Nazione e in danno della Nazione, fu concepita già qualche mese prima dell’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940 e al cui successo concorsero indubbiamente l’inefficienza dell’apparato informativo del Regime, la supponenza e la superficialità dei vertici del PNF e soprattutto l’ingenuità di Mussolini, che, da uomo onesto qual’era, non seppe neppure immaginare a quale livello potesse arrivare la perfidia dei suoi nemici e dei suoi finti amici. Solo così, infatti, trovano risposta tantissimi “misteri”, che altrimenti rimarrebbero per sempre insoluti.

Un’altra favola, che ha riscosso grande credibilità e che è stata messa in circolazione proprio per occultare il reale momento storico in cui fu concepito il complotto, le sue motivazioni e i suoi obiettivi, è quella che l’Italia  fosse scesa in guerra senza possedere i mezzi necessari per poterla condurre.

In realtà alla data del 10 giugno 1940 l’Esercito italiano disponeva di 78 divisioni, per un totale di circa un milione di uomini, l’Aeronautica di circa 3.000 velivoli per quell’epoca tecnologicamente validi come testimoniato dalle recenti trasvolate atlantiche di Italo Balbo, dai numerosissimi primati aeronautici conseguiti e dalle splendide prove fornite in combattimento dall’Aviazione Legionaria in Spagna, la Marina era la quarta nel mondo e prima per la flotta subacquea con oltre 100 sommergibili e, con la Francia ormai agonizzante, era decisamente superiore per navi, per calibri e per velocità alla flotta inglese del Mediterraneo.

I nove mesi di “non belligeranza” (che è cosa ben diversa dalla “neutralità” e che presuppone come quasi certo l’intervento) avrebbero permesso la stesura dei piani strategici offensivi e l’approntamento dei mezzi necessari per eseguirli, che, con la fulminea occupazione di Malta e dell’Egitto, entrambi allora scarsamente presidiati, avrebbero consentito il congiungimento con le truppe dislocate in Africa Orientale e trasformato veramente il Mediterraneo nel “Mare Nostrum”, con la conseguente conquista – agevolata dalla sollevazione araba –  del Medio Oriente con le sue illimitate risorse petrolifere, la probabile entrata in guerra della Turchia, della Spagna e del Portogallo a fianco dell’Asse e, con la Germania padrona dell’Europa, avrebbero potuto in tempi rapidi mettere fine al conflitto con una strepitosa vittoria.

Invece niente di tutto questo fu fatto: la presa di Malta, enorme minaccia per gli indispensabili traffici col Nord Africa, non sfiorò neppure la mente degli “strateghi” italiani, che anzi considerarono l’isola un “temporaneo punto d’appoggio” del nemico e l’attacco all’Egitto, solo su pressione di Mussolini, fu iniziato……in settembre, con truppe in stragrande maggioranza appiedate e corazzati e motorizzati costretti ad aspettarle, finendo anch’essi per procedere a passo d’uomo e dando così agli inglesi tempo e modo di fare affluire  uomini e mezzi per rintuzzare l’offensiva e passare addirittura al contrattacco. Perché?

Perché ai vertici dello Stato Maggiore Generale, di quello dell’Esercito e di quello della Marina vi erano individui assolutamente incompetenti, che si trovavano là solo grazie all’appartenenza alla ottocentesca casta militare monarchica ed erano ancora cultori della strafallita dottrina bellica francese basata sulla guerra di posizione, la quale, come visto nella Grande Guerra, consisteva nell’inutile massacro delle fanterie per conquistare un palmo di terreno, poi perduto, poi riconquistato, poi riperduto; individui cui nulla avevano insegnato la guerra d’Etiopia, che fu necessariamente una guerra di movimento che sbalordì gli esperti militari di tutto il mondo, la guerra di Spagna, dove, in tutte le grandi battaglie, le vittorie dell’esercito nazionale, ottimamente supportato dal C.T.V. italiano, furono ottenute con l’impiego di colonne mobili che scardinarono regolarmente i pur poderosi trinceramenti dei rossi, e soprattutto la “Blitzkrieg” tedesca, che fulmineamente aveva spazzato via la Polonia, conquistato – precedendo gli inglesi – Olanda, Belgio, Danimarca e Norvegia,  stava annientando la Francia e aveva messo in ginocchio l’Inghilterra.

No, dichiarata la guerra, disposero l’Esercito sul confine francese in…Posizione difensiva, mentre la Marina neppure si mosse.

In ottobre, poi, ebbe inizio la Campagna di Grecia, altro capolavoro di stupidità, perché sferrare l’offensiva sui monti dell’Epiro, cioè su un territorio che per la sua conformazione favoriva enormemente la difesa e sfavoriva enormemente l’attacco, equivaleva a un suicidio, che avrebbe potuto costare un prezzo assai più alto di quello altissimo pagato in realtà dai soldati italiani, quando la preventiva occupazione di Creta avrebbe permesso un assai più agevole attacco dal mare.

Naturalmente le obsolete dottrine strategiche si riflettevano su quelle tattiche insegnate nelle scuole militari di ogni grado. Quando i militari repubblicani poterono usufruire di istruttori tedeschi, ufficiali e soldati rimasero sbalorditi da ciò che avevano appreso sulle nuove tecniche di combattimento terrestre, navale e aereo e le misero in pratica con estremo valore sui campi di battaglia.

Ma i rovesci militari collezionati dall’Italia non furono il risultato soltanto dell’inettitudine professionale degli alti comandi, bensì anche e soprattutto, col progredire della guerra, del fatto che nello Stato Maggiore Generale, in quello dell’Esercito e in quello della Marina si annidavano infami traditori che operavano per la sconfitta o addirittura collaboravano col nemico, tutti o quasi tutti affiliati alla massoneria.

Per capire il comportamento di costoro e le loro motivazioni, bisogna innanzi tutto chiarire chi erano e cosa passava per la loro mente. A tal fine occorre gettare lo sguardo al secolo precedente: in Europa dominava incontrastata la concezione monarchica dello Stato; si stava sì aprendo la strada il concetto di “nazione”, ma la “nazione” era pur sempre intesa come proprietà del monarca e, per sua delega, della casta “nobiliare” dei suoi reggicoda, gli unici ad avere accesso, per diritto di sangue, alle chiavi del potere che utilizzavano per sostenere e mantenere questo stato di cose. Il monarca rappresentava la nazione e lui stesso era la nazione; il popolo era visto come una massa informe e priva di alcun pregio, da utilizzare esclusivamente in funzione degli interessi del re e della casta nobiliare: poteva essere tranquillamente dissanguato con le tasse, non aveva accesso all’istruzione superiore (e spesso neppure a quella elementare), non poteva salire i gradini della scala sociale, ma poteva essere utilizzato in guerra senza risparmio e senza alcun riguardo alle perdite per la gloria del re.

A partire dagli ultimi decenni dell’ottocento si era andata affermando – e affiancando – un’altra casta privilegiata: quella dei capitalisti. Sorta in America, dove la casta nobiliare non era neppure pensabile, si era estesa all’Europa, a cominciare dall’Inghilterra. Fondando il suo potere sul denaro anziché sul sangue, ne aveva però acquisito la stessa mentalità: l’operaio, proveniente dal popolo, era anche per essa carne da macello, da spremere al massimo ammazzandolo di lavoro in cambio di poche briciole di pane appena sufficienti a farlo sopravvivere e a lavorare per le tasche del “padrone”. Entrambe le caste disponevano ognuna di una sorta di “associazione di categoria” alla quale facevano capo: i capitalisti al giudaismo, essendo gli stessi in massima parte giudei; i nobili alla massoneria, che però era anch’essa una emanazione dei giudei, come provano i suoi riti e i suoi simboli e il cui carattere giudaico si accrescerà nel tempo, allorché l’aristocrazia del sangue verrà progressivamente sostituita da quella del denaro; per cui, a partire dalla metà del XX secolo, si può a buon diritto parlare di giudeo-massoneria.

In campo politico per nobili e capitalisti l’affermarsi del “liberalismo” fu una vera manna: dando voce alle più disparate e discordanti opinioni, creava solo confusione e disaccordo nelle masse e non intaccava minimamente il loro potere (il vecchio metodo del divide et impera). E neppure costituiva una vera minaccia il marxismo, le cui teorie velleitarie e la pretesa di sostituire le caste dominanti con quella dei proletari era una evidente idiozia, come la Storia ha ampiamente dimostrato.

La vera minaccia, invece, si profilò con l’affermarsi nel primo dopoguerra del Fascismo in Italia e soprattutto del Nazional-socialismo in Germania: il primo poteva, come in effetti fu, essere annacquato dal sopravvivere delle istituzioni monarchiche e della massoneria, nonché dall’enorme potere della Chiesa in Italia, il secondo invece non consentiva alcuno spazio di manovra.

Propugnando l’identificazione della Nazione nella comunità di popolo basata sul sangue e sul suolo, dando a chiunque la possibilità di elevarsi indipendentemente dalla sua estrazione sociale, anteponendo il lavoro al capitale, eliminando le ingiuste sperequazioni e il parassitismo e consentendo a qualsiasi cittadino di affermarsi nella misura del suo reale valore personale, il Socialismo Nazionale rappresentava una minaccia mortale per i componenti delle caste fino ad allora dominanti e il crollo totale della loro visione del mondo.

Mentre in Germania il Nazionalsocialismo ebbe la possibilità di ripulire tutti i vertici delle istituzioni civili e militari installandovi persone di fiducia e quasi sempre fedeli, ciò, per i motivi sopra citati, non fu possibile al Fascismo in Italia: ai vertici di quelle istituzioni rimasero i personaggi dell’epoca prefascista, che, pur mostrandosi servili adulatori del Duce, restarono in realtà ancorati alle idee e alla mentalità della loro epoca, covando segretamente la speranza che si presentasse l’occasione per prendersi la rivincita [Un piccolo ma significativo esempio: il 27 settembre 1921 a Modena il commissario di PS Guido Cammeo, socialista ed ebreo, figlio del rabbino capo della città, diede ordine alla guardia regia di sparare su un corteo di fascisti disarmati che si stava sciogliendo, uccidendone otto e ferendone venti: ebbene il Cammeo rimase al suo posto fino al 5 settembre 1938, allorché, in ottemperanza alle “leggi razziali”, fu……collocato in pensione. In Germania un soggetto del genere sarebbe sopravvissuto poche ore dopo il 30 gennaio 1933].

E l’occasione si presentò con lo scoppio della guerra mondiale, voluta dalla giudeo-massoneria e che, per essere utile ai suoi scopi, doveva necessariamente concludersi con la sconfitta della Germania e dell’Italia e il conseguente crollo del Nazionalsocialismo e del Fascismo.

L’elenco degli infami acclarati sarebbe lunghissimo, ma alcuni meritano una menzione.

Pietro Giuseppe Vittorio Luigi Badoglio, Maresciallo d’Italia; nell’ottobre del 1917  comandava il XVII Corpo d’Armata schierato sul fronte dell’Isonzo e, assieme a Luigi Cadorna, fu il principale responsabile dello sfondamento del fronte italiano operato dagli austro-tedeschi nel settore di Tolmino – Caporetto. Nel 1925 scrisse di lui nel suo diario il Maresciallo d’Italia Enrico Caviglia: “Oggi tutti restano silenziosi davanti alla nomina di Badoglio a capo di Stato Maggiore dell’Esercito, con l’incarico di organizzare la difesa della nazione. Nulla di più burlesco che preporre alla difesa della Nazione l’eroe di Caporetto, il quale, essendo stato sfondato il suo corpo di armata, fuggì abbandonando prima tre divisioni, poi ancora una quarta, e portò il panico nelle retrovie. La sua fuga, indipendentemente dalla sconfitta, causò la perdita di quarantamila soldati italiani fra morti, feriti e prigionieri, da lui abbandonati il 24 ottobre 1917 al di là dell’Isonzo”. Infatti dalla relazione al parlamento della Commissione d’inchiesta su Caporetto, che concluse i lavori il 13 agosto 1919 e che attribuì la colpa della disfatta a Luigi Cadorna, estendendola a Luigi Capello, Alberto Cavaciocchi e Luigi Bongiovanni, mancavano le tredici pagine riguardanti l’operato di Badoglio, che pertanto risultò neppure menzionato da tale relazione (ragione di ciò: il fatto che fosse un pezzo da 90 della massoneria) e il 4 maggio 1925, assunse per primo l’istituita ex novo carica di capo di stato maggiore generale, che mantenne ininterrottamente sino al 26 novembre 1940. Fu dunque per tutto quel periodo responsabile della preparazione, dello equipaggiamento, dello addestramento e del dislocamento delle Forze Armate italiane, nonchè degli eventi bellici dei primi cinque mesi di guerra. Della congiura rappresentò l’emblema e già nei primi mesi del 1940 ebbe contatti segreti con esponenti militari inglesi, francesi e americani e dall’inizio del 1942 numerosi incontri con Maria Josè, nuora del re, che già da allora aveva iniziato le sue trame miranti ad abbattere Mussolini, nonché con esponenti di partiti clandestini, compreso quello comunista; nella primavera del 1943 accettò di buon grado la designazione a subentrare al Duce come capo del governo.

Vittorio Ambrosio, Giuseppe Castellano e Giacomo Carboni, generali. Il primo, per motivi che certamente nulla avevano a che vedere con le sue capacità professionali, il 2 febbraio 1943 fu nominato capo di stato maggiore generale in sostituzione di Ugo Cavallero, che in precedenza aveva sostituito Pietro Badoglio; proseguì nell’opera di neutralizzazione della MVSN, consistente nel trasferire fuori dai confini nazionali le unità combattenti della Milizia, aggregandone ogni legione ad una divisione dell’esercito ed ottenendo così il duplice risultato di porle alle dirette dipendenze del R.E. e di renderne comunque impossibile l’intervento al momento del previsto colpo di Stato; si occupò inoltre della “cloroformizzazione” e poi della neutralizzazione della divisione corazzata “M”, che nel Luglio del 1943 si trovava nei pressi di Roma e che con il suo intevento avrebbe potuto far fallire il colpo di Stato, operazione favorita dall’indecisione nel momento cruciale di Enzo Emilio Galbiati, console generale e capo di stato maggiore della Milizia, che il 25 luglio, pur con l’attenuante della confusione creatasi, non seppe reagire con prontezza agli eventi che si erano determinati; recentemente è  anche venuto alla luce un documento che comprova che Ambrosio formulò un piano per uccidere Mussolini il 5 luglio. Giuseppe Castellano, braccio destro di Ambrosio, è passato alla Storia quale firmatario il 3 settembre 1943 di quello che è comunemente ed erroneamente conosciuto come “armistizio” di Cassibile, in quanto non si trattò affatto di un armistizio, bensì di una resa incondizionata.  Giacomo Carboni, nei mesi precedenti la dichiarazione di guerra, per conto di Galeazzo Ciano e di Pietro Badoglio tenne numerosi contatti con gli addetti militari inglesi, francesi e statunitensi. Incaricato dal governo Badoglio della “difesa” di Roma, diede ulteriore prova della sua inettitudine professionale.

Carmine Senise, capo della polizia dal 22 novembre 1940, fu destituito da Mussolini per inefficienza il 14 aprile 1943.  Prese parte attiva alla congiura e lo stesso 25 luglio fu reintegrato nella carica da Badoglio, per incarico del quale pianificò e attuò l’assassinio di Ettore Muti, avvenuto a Fregene il 24 agosto 1943.

Un covo di serpenti altrettanto velenosi fu lo stato maggiore della Marina, ove, oltre ai traditori, si annidavano vere e proprie spie al servizio del nemico e che, sin dall’inizio del conflitto, si attenne sempre scrupolosamente ai seguenti criteri:

– evitare assolutamente di impegnare le navi da battaglia (cioè corazzate e incrociatori) in combattimento col nemico, traccheggiando ed inventando assurdi motivi, tant’è che la flotta non fu inviata neppure a contrastare gli sbarchi nemici in Sicilia e a Salerno e, ancor prima, ad impedire l’evacuazione degli inglesi dalla Grecia, cosa che permise loro di porre in salvo 60.000 uomini che altrimenti sarebbero stati catturati;

– spedire le stesse, quando era del tutto impossibile non farle uscire in mare, ad effettuare inutili crociere, assegnando loro rotte che avrebbero sicuramente evitato l’intercettazione e la distruzione del nemico che si trovava in condizioni di netta inferiorità;

– fornire un’enorme quantità di dati sensibili agli inglesi, il che produsse l’affondamento di numerosi sommergibili di cui era stata segnalata al nemico la zona d’agguato, il disastro di Taranto (i siluri degli aerosiluranti inglesi passarono tutti attraverso i varchi nelle reti subacquee parasiluri, di cui essi conoscevano l’esatta ubicazione), quello di Capo Matapan (un ufficiale dell’incrociatore Pola, naufrago e poi catturato dagli inglesi, ebbe modo di vedere con i suoi occhi l’ordine del giorno dell’ammiraglio Cunningham che preannunciava ai suoi equipaggi la grande vittoria, datato tre giorni prima che i comandanti e i marinai delle navi italiane venissero informati della missione da effettuare in Egeo), la distruzione di gran parte dei convogli, che scortati da naviglio sottile, recavano gli indispensabili rifornimenti ai combattenti in Africa (si salvarono infatti solo quelli i cui comandanti della scorta decisero di seguire una rotta diversa da quella indicata da “Supermarina”).

Il tutto col folle proposito di vendere (termine che va inteso letteralmente) la flotta intatta al nemico vincitore.

Anche qui l’elenco degli infami sarebbe lunghissimo, ma anche qui alcuni di loro meritano una particolare menzione.

Bruno Brivonesi, ammiraglio, il 9 novembre 1941 comandava la scorta a distanza – costituita da due incrociatori pesanti armati con cannoni da 203 mm. e quattro cacciatorpediniere – del “convoglio Duisburg” – formato da sette mercantili – che trasportava urgenti rifornimenti per il Nord Africa. Puntualmente attaccato a poppavia da due incrociatori leggeri  – armati con cannoni da 152 mm. – e due cacciatorpediniere inglesi, anziché frapporsi tra il convoglio e gli attaccanti il Brivonesi si portò in testa al convoglio aumentando progressivamente la distanza dal nemico, fece sparare oltre 200 granate da 203 tutte regolarmente andate a vuoto, quindi accostò in fuori e fece ritorno alla base abbandonando il convoglio che fu totalmente distrutto con ingente perdita di vite umane, armi, munizioni, automezzi, carburanti e merci varie. Sottoposto ad inchiesta da un tribunale militare, il Brivonesi fu prosciolto da ogni accusa; in qualsiasi altra marina sarebbe stato fucilato.

Luigi Pavesi, ammiraglio, dal mese di settembre 1942 comandava la piazzaforte di Pantelleria, potentemente armata e fortificata. Disponeva infatti di 37 cannoni antinave di grosso calibro e 76 cannoni antiaerei tutti in casematte scavate nella roccia, di un aeroporto in caverna dove, almeno inizialmente, erano basati 60 aerei da caccia, di riserve di munizioni, carburanti, viveri e acqua potabile per varie decine di giorni e di un presidio di circa 12.000 uomini. Costituiva quindi un serio ostacolo per la flotta destinata all’invasione della Sicilia, ma un mese di bombardamenti, nel corso dei quali furono sganciate sull’isola circa 7.000  tonnellate di esplosivo, non ne aveva minimamente intaccato le difese. Senonchè l’11 giugno 1943, all’apparire all’orizzonte di alcune navi nemiche (si trattava in realtà di tre torpediniere), il Pavesi decise che era ora di arrendersi: senza sparare neppure un colpo, fece alzare bandiera bianca e consegnò al nemico la guarnigione, le armi, le aviorimesse e le riserve di viveri, acqua, munizioni e carburanti perfettamente intatte. Fu così che la “conquista” dell’isola costò al nemico un solo morto: un caporale inglese ucciso dal calcio di un mulo, unico eroico difensore di Pantelleria.

Priamo Leonardi, ammiraglio, dall’8 giugno 1943 comandava la piazzaforte di Augusta-Siracusa, la meglio armata di tutto il Mediterraneo, disponendo di sei batterie antinave di grosso calibro (381 mm., 254 mm., 152 mm.), 17 batterie contraeree (con cannoni da 76 e 102 mm.), due pontoni armati (dotati di cannoni da 149 e 190 mm.); per il fronte a terra (esteso per circa 50 km) c’era invece una catena di 30 capisaldi presidiati da due battaglioni costieri. Il 12 luglio 1943, dopo che erano state fatte saltare le artiglierie, Il Leonardi, imitando il succitato Pavesi, senza sparare un colpo consegnò la piazzaforte al nemico. Per tale gesto eroico, nel 1947 questa repubblica lo decorò con la medaglia d’argento al V.M..

Fracesco Maugeri, ammiraglio, dal 24 maggio 1941 al 25 luglio 1943 fu responsabile del SIS (servizio informazioni segrete). Senonché, come divenne del tutto palese al termine del conflitto, lui, che doveva spiare il nemico per conto dell’Italia, spiava l’Italia per conto del nemico. Fece così bene tale lavoro che il 4 luglio 1948 gli USA gli conferirono la “Legion of Merit” con la seguente motivazione; “… Per la condotta eccezionalmente meritevole nel compimento di superiori servizi resi al governo degli Stati Uniti, in qualità di capo del servizio informazioni navali, come comandante della base navale di La Spezia e come capo di stato maggiore della marina militare italiana durante e dopo la seconda guerra mondiale” e, ancor prima, appositamente per lui e gli altri suoi complici, fecero inserire nel “Trattato di pace” con l’Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, l’art. 16, che così recita: “L’Italia non incriminerà né in altro modo molesterà i cittadini italiani,  compresi i componenti delle Forze Armate (nel testo ufficiale in francese è scritto: “soprattutto i componenti delle Forze Armate”) per il solo fatto di aver espresso simpatia per la causa delle potenze Alleate o Associate o di aver svolto azione a favore della causa stessa durante il periodo tra il 10 giugno 1940 e la data di entrata in vigore del presente trattato”. Improvvisatosi scrittore, nel dopoguerra redasse un libro, “From Ashes of Disgrace”, nel quale si può leggere: “L’inverno del ’42-’43 trovò molti di noi, che speravano in un’Italia libera, di fronte a questa dura, amara e dolorosa verità: non ci saremmo mai potuti liberare delle nostre catene, se l’Asse fosse stato vittorioso… Più uno amava il suo Paese, più doveva pregare per la sua sconfitta nel campo di battaglia… Finire la guerra, non importa come, a qualsiasi costo…. L’ammiragliato britannico aveva abbondanti amici tra i nostri ammiragli anziani e nello stesso Ministero della Marina. Sospetto che gli inglesi fossero in grado di ottenere genuine informazioni direttamente alla fonte. In questo caso non c’era bisogno di spendere denaro e sforzi per avere un esercito di agenti segreti scorrazzanti per i fronti a mare di Napoli, Genova, Taranto e La Spezia”. Con buona pace di tutti gli idioti che ancor oggi cianciano di vittorie nemiche ottenute grazie a “Ultra”, “Enigma”, intercettazioni, decrittazioni, radar, ecc..

Ma se la componente militare fu quella più dannosa  e determinante nella riuscita del complotto, a fianco di essa ne operarono parallelamente – per poi convergere tutte il 25 luglio 1943 – altre:

–  quella “reale”, con in primis il nano coronato “Re d’Italia e d’Albania e Imperatore d’Etiopia”, la sua velenosa nuora belga Maria José da sempre nemica dell’Italia e il suo braccio destro Acquarone, ministro della “Real casa”, in una lettera al quale il “sovrano” scrisse: “Fin dal gennaio 1943 io concretai definitivamente la decisione di porre fine al Fascismo e revocare il Capo del Governo. L’attuazione di questo provvedimento, resa più difficile dallo stato di guerra, doveva essere minuziosamente preparata e condotta nel più assoluto segreto, mantenuto anche con le poche persone che vennero a parlarmi del malcontento del paese. Lei, caro duca, è stato al corrente delle mie decisioni e delle mie personali direttive; e lei sa che soltanto quelle del gennaio 1943 portarono al 25 luglio successivo”;

– quella politica, rappresentata soprattutto da Ciano, Grandi e Federzoni: boriosi imbecilli che entrarono in un gioco molto più grande di loro pensando stupidamente di potersi mantenere al potere dopo aver liquidato Mussolini; l’”ordine del giorno Grandi” del 24 Luglio diede comunque il falso ma utile spunto al colpo di Stato: falso perché il Gran Consiglio del Fascismo era un semplice organo consultivo e non aveva quindi il potere costituzionale di destituire il Capo del governo; utile perché servì a far credere al popolino ignorante che a determinare la caduta di Mussolini fossero state le gerarchie del Regime;

– quella cattolica: per tutta la durata della guerra il Vaticano, con i gesuiti in testa, operò per favorire i contatti tra i congiurati e i nemici dell’Italia, fornendo ad essi anche utili informazioni di carattere politico e militare;

– quella produttiva: gran parte degli industriali sabotarono la produzione bellica; basti accennare al fatto che in tutto l’arco del conflitto in Italia furono costruiti 10.000 aerei, in gran parte di tipo antiquato e pochissimi quelli di tipo nuovo, che erano qualitativamente alla stregua – e in qualche caso superiori – ai pari categoria sia dei nemici che degli alleati; nello stesso periodo di tempo in Germania furono prodotti 100.000 aerei, in Inghilterra 120.000, negli Stati Uniti oltre 200.000.

Tuttavia il tradimento rese assai poco ai traditori: solo alcuni dei militari, e solo per breve tempo, si ritrovarono al vertice di forze armate che non esistevano più; la “casa reale” fu liquidata; Ciano finì al muro; Grandi e Federzoni dovettero fuggire e mettersi a lavorare per poter mangiare.

Chi invece ne colse il frutto furono le vecchie cariatidi “democratiche” del periodo prefascista (un adagio popolare avverte  infatti che la merda galleggia sempre) riportate in auge dal nemico vincitore. Ma il frutto del tradimento è un frutto avvelenato: si è infatti materializzato in questa repubblica, completamente asservita allo straniero e alla finanza internazionale e in cui regnano sovrane corruzione e ingiustizia sociale.

A conferma e riprova di quanto sopra esposto riporto infine alcuni passi significativi di tre lettere trovate in possesso dell’agente segreto inglese colonnello Peter Arden del Servizio spionaggio militare del Secret Service di Londra, arrestato in Apuania il 14 ottobre 1944 da militari repubblicani mentre tentava di attraversare la linea del fronte per raggiungere il territorio italiano invaso.

La prima, datata Londra 28 luglio 1943, così recita: “Al Dilettissimo e Potentissimo Fratello Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente Italiano di Rito Scozzese ed Accettato e della Grande Loggia di Rito Simbolico affinché ne renda edotti tutti i Potentissimi Fratelli di tutti gli Orienti, riuniti nel Supremo Grande Oriente Universale. Vi esprimiamo – per mezzo del Venerabile Gran Maestro della Gran Loggia di Francia – il loro più vivo compiacimento per il gravissimo colpo inferto al satanico capo del fascismo ed al suo partito, elogiandovi altresì per l’intensa azione svolta, ed in particolar modo per il prossimo armistizio, alla cui conclusione tanto teneva questo Supremo Grande Oriente del Grande Oriente Universale. Considerato lo stato attuale della situazione internazionale ed in modo particolare quella italiana, considerata la posizione personale di Mussolini la cui cessione nelle mani degli Alleati sarà per nostra volontà contemplata nelle clausole di armistizio, il Supremo Gran Consiglio del Grande Oriente Universale Vi precisa, Potentissimo Gran Maestro, i compiti che dovete assolvere sino a quando non Vi verranno impartite successive direttive. Pertanto i compiti alla cui realizzazione – Dilettissimo Gran Maestro – dovrete immediatamente dedicarvi, mediante la collaborazione di tutti quei Potentissimi e Potenti Fratelli dell’oriente Italiano che Voi accuratamente designerete, sono i seguenti: 1) creare caos morale e materiale in tutto il popolo italiano, le cui imperialistiche aspirazioni africane, da noi non dimenticate, saranno soffocate dalla supremazia della nostra Famiglia Universale; 2) prendere sempre più stretto contatto con il servizio di spionaggio militare del Secret Service di Londra, affinché mediante opportune informazioni sullo scacchiere tattico strategico dell’Italia, si possa addivenire – nel più breve tempo possibile – al massimo annullamento delle forze italo – tedesche. Riteniamo superfluo rammentarvi, Venerabile Gran Maestro, che la Vostra azione e quella dei Potentissimi e Potenti Fratelli del Vostro Oriente, dovrà essere improntata alla massima decisione ed energia nei confronti di una collettività privata ormai dell’unico uomo che potesse garantire i suoi reali interessi e su cui invece – tra breve – ricadrà l’inesorabile castigo decretato dal supremo Gran Consiglio della Massoneria Universale. Nell’eventualità che lo svolgersi degli avvenimenti non fosse conforme ai nostri attuali intendimenti e che le truppe tedesche prendessero in Italia precauzionali misure di carattere militare, Vi sarà tempestivamente trasmesso – Gran Maestro del Grande Oriente Italiano – un preciso piano d’azione affinché l’azione dei Dilettissimi Fratelli del Vostro Oriente si estenda anche in quei territori eventualmente garantiti dall’occupazione germanica ed in cui si insediasse – nonostante la perdita del Despota – un qualche governo fascista. Nell’autorizzarVi ad ogni iniziativa che si dovesse rendere necessaria per la realizzazione dei compiti precisativi, Vi rivolgiamo ancora – Venerabile Gran Maestro – il nostro fraterno e vivo compiacimento per quanto finora fatto da tutti i Fratelli del Grande Oriente Italiano e l’incoraggiamento per il proseguimento della Vostra azione il cui successo rappresenterà la fine del nostro più mortale nemico”.

La seconda è la lettera credenziale del colonnello Arden presso il generale Carboni, capo del S.I.M. (Servizio Informazioni Militari), mittente James Mulrade, capo del Secret Service: “Egregio generale Carboni, in riferimento agli accordi verbali presi precedentemente a Napoli con Voi e con il Generale Ambrosio, Vi invio il Colonnello Peter Arden, funzionario di elette capacità e di assoluta stima. Egli si adopera in maniera che i nostri contatti siano continui e – con la Vostra fattiva e preziosa collaborazione – spero proficui. Di ogni Vostra eventuale necessità potrete farmene diretta richiesta tramite lo stesso Colonnello Arden. Cordiali saluti – f.to J. Mulrade“.

La terza è l’ultima lettera di Badoglio da cui chiaramente emerge la sua appartenenza alla massoneria. Essa fu scritta molto in fretta e sconsideratamente  abbando-nata nel carteggio personale del traditore. Si incaricò il colonnello Arden di recuperarla unitamente ad altri documenti. In essa é scritto: “Roma 8 settembre 1943 – Il precipitare della situazione – provocato dalla improvvisa comunicazione ufficiale dell’avvenuto armistizio – impedisce la riunione da noi progettata. In ogni modo, nel caso che i tedeschi estendano in Italia la loro occupazione militare, resta fissata la realizzazione delle ultime direttive impartiteci dal Grande Oriente di Londra. Provvederò io stesso a stabilire i contatti con tutti i Fratelli che verranno smistati nei rispettivi posti. f.to Badoglio“.

Più che sufficiente a chiarire tutti i misteri e a smentire tutte le falsità che ancora oggi ci sventolano davanti agli occhi.

Giuliano Scarpellini

POST SCRIPTUM (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Luglio 2021

Abbiamo appena dedicato due numeri del mensile per descrivere cosa si nasconde dietro alla cosiddetta unica democrazia del medio oriente; gli articoli, pur ottimi e molto chiari, erano un po’ datati, ma è proprio dei nostri giorni una nuova e lodevole iniziativa di Amnesty International… Cosa è Amnesty International?

Scopriamolo dal loro sito ufficiale:

Amnesty International è un movimento internazionale di persone che si mobilitano in difesa dei diritti umani. Amnesty ha la visione di un mondo nel quale tutti gli essere umani siano universalmente rispettati.

Il lavoro di Amnesty si basa su ricerche dettagliate e precise, sulle convenzioni internazionali e le disposizioni relative ai diritti umani. Amnesty è una organizzazione indipendente dai governi, dai partiti politici, dagli interessi economici, dalle ideologie e dalle religioni. I soci e i simpatizzanti sono l’elemento centrale di Amnesty. Uomini e donne che dedicano il proprio tempo, le proprie energie e il proprio sostegno finanziario come gesto di solidarietà nei confronti delle persone vittime di violazioni dei diritti umani. Oltre 7 milioni di persone sostengono Amnesty partecipando a campagne e azioni, con il proprio contributo finanziario e/o in qualità di soci. L’organizzazione ha uffici in 80 paesi  nel mondo. Amnesty riceve fondi solo dai privati e non accetta finanziamenti dagli Stati per garantire così la sua totale indipendenza.

DIFENDERE I DIRITTI UMANI NELLA LORO GLOBALITÀ

I diritti umani sono universali e indivisibili. Nel 2001 questo principio è diventato la missione di Amnesty International. Con questa decisione è iniziata la mutazione da “organizzazione per la difesa dei detenuti” a quella dei diritti umani, con un mandato che si è ampliato di conseguenza. L’attività di Amnesty International ricopre oggi la totalità dei diritti umani. Ma Amnesty non può impegnarsi con tanta energia in favore di tutti i diritti contemporaneamente ed è per questo che l’organizzazione ridefinisce regolarmente le proprie priorità.

https://www.amnesty.ch/it/chi-siamo/movimento-mondiale/cos2019e-amnesty-international

Nulla di nuovo, anzi… Chiunque voglia sapere la verità, conosce benissimo queste infamie oggi evidenziate da Amnesty International, che ci ricorda come questa situazione criminale duri da ben 74 anni:

Quest’anno ricorrono i 74 anni dall’espulsione di massa e dallo spostamento di oltre 700.000 palestinesi dalle loro case, villaggi e città durante il conflitto che ha creato Israele nel 1948. Da allora, la Nakba (catastrofe) – come viene chiamata in arabo dai palestinesi – è stata incisa nella coscienza collettiva palestinese come una storia di spossessamento senza fine.

A 74 anni dalla loro espulsione, la sofferenza e lo sfollamento dei profughi palestinesi sono una realtà quotidiana. I palestinesi che sono fuggiti o sono stati espulsi dalle loro case in quello che oggi è Israele, insieme ai loro discendenti, hanno il diritto al ritorno così come stabilito dal diritto internazionale. Tuttavia, non hanno praticamente alcuna prospettiva di poter tornare alle loro case – molte delle quali distrutte da Israele – o ai villaggi e alle città da cui provengono. Israele non ha mai riconosciuto questo loro diritto.

Negare una casa ai palestinesi è al centro del regime di apartheid imposto da Israele ai palestinesi. L’espropriazione delle proprietà dei palestinesi non si è fermata e la nakba è diventata l’emblema dell’oppressione che i palestinesi devono affrontare ogni giorno, da decenni.

Oggi, oltre 5,6 milioni di palestinesi rimangono rifugiati e non hanno diritto al ritorno. Almeno altri 150.000 corrono il rischio reale di perdere la casa a causa della brutale pratica israeliana di demolizioni di case o sgomberi forzati (…).

Certamente queste letture non impediranno ai traditori venduti nostrani di continuare a parteggiare per lo Stato pirata d’Israele, così come non impediranno alle merde come Salvini, Meloni e destronzi assortiti di sventolare le squallide e vergognose bandiere biancoazzurre in ogni sede istituzionale, Parlamento compreso.

La lobby ebraica è troppo potente e munifica di onori e prebende per i vari servi del mondo, indipendentemente dal fatto che costoro siano ebrei, amici degli ebrei, o furboni che hanno capito da che parte soffia il vento.

Ma noi non ci stancheremo di denunciare i crimini di questi mascalzoni potenti e piagnucolosi…

Fra l’altro, il giudeame di solito affibbia l’etichetta di “nazista” o neonazista a chiunque osi evidenziare la loro bestialità nella Palestina occupata; vedremo se riusciranno a fare passare per “nazisti” anche quelli di Amnesty International!

Una cosa è però certa: la stragrande maggioranza della cosiddetta “informazione”, che è notoriamente nelle mani giudaiche, si è ben guardata dal parlare di questa denuncia della organizzazione umanitaria, tanto che io stesso ne sono venuto a conoscenza navigando casualmente su internet… I giudei non si smentiscono mai!

Carlo Gariglio

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L’Apartheid israeliano contro i palestinesi

Le autorità israeliane devono essere chiamate a rendere conto del crimine di apartheid contro i palestinesi. È quanto ha dichiarato oggi Amnesty International in un rapporto di 278 pagine nel quale descrive dettagliatamente il sistema di oppressione e dominazione di Israele nei confronti della popolazione palestinese, ovunque eserciti controllo sui loro diritti: i palestinesi residenti in Israele, quelli dei Territori palestinesi occupati e i rifugiati che vivono in altri stati.

Nel rapporto si legge che le massicce requisizioni di terre e proprietà, le uccisioni illegali, i trasferimenti forzati, le drastiche limitazioni al movimento e il diniego di nazionalità e cittadinanza ai danni dei palestinesi fanno parte di un sistema che, secondo il diritto internazionale, costituisce apartheid. Questo sistema si basa su violazioni dei diritti umani che, secondo Amnesty International, qualificano l’apartheid come crimine contro l’umanità così come definito dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale e dalla Convenzione sull’apartheid.

Amnesty International chiede al Tribunale penale internazionale di includere il crimine di apartheid nella sua indagine riguardante i Territori palestinesi occupati e a tutti gli stati di esercitare la giurisdizione universale per portare di fronte alla giustizia i responsabili del crimine di apartheid.

“Il nostro rapporto rivela la reale dimensione del regime di apartheid di Israele. Che vivano a Gaza, a Gerusalemme Est, a Hebron o in Israele, i palestinesi sono trattati come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti. Abbiamo riscontrato che le crudeli politiche delle autorità israeliane di segregazione, spossessamento ed esclusione in tutti i territori sotto il loro controllo costituiscono chiaramente apartheid. La comunità internazionale ha l’obbligo di agire”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Non è possibile giustificare in alcun modo un sistema edificato sull’oppressione razzista, istituzionalizzata e prolungata, di milioni di persone. L’apartheid non ha posto nel nostro mondo e gli stati che scelgono di essere indulgenti verso Israele si troveranno a loro volta dal lato sbagliato della storia. I governi che continuano a fornire armi a Israele e lo proteggono dai meccanismi di accertamento delle responsabilità delle Nazioni Unite stanno sostenendo un sistema di apartheid, compromettendo l’ordine giuridico internazionale ed esacerbando la sofferenza della popolazione palestinese. La comunità internazionale deve affrontare la realtà dell’apartheid israeliano e dare seguito alle molte opportunità di cercare giustizia che rimangono vergognosamente inesplo-rate”, ha aggiunto Callamard.

Le conclusioni di Amnesty International sono rafforzate da un crescente lavoro di organizzazioni non governati-ve palestinesi, israeliane e internazionali che sempre più spesso applicano la definizione di apartheid alla situazione in Israele e/o nei Territori palestinesi occupati.

L’IDENTIFICAZIONE DELL’APARTHEID

Un sistema di apartheid è un regime istituzionalizzato di oppressione e di dominazio-ne di un gruppo razziale su un altro. È una grave violazione dei diritti umani vietata dal diritto pubblico internazionale. Le ampie ricerche e l’analisi giuridica condotte da Amnesty International insieme a esperti esterni all’organizza-zione dimostrano che Israele attua un sistema di questo tipo nei confronti dei palestinesi attraverso leggi, politiche e prassi che assicurano trattamenti discriminatori crudeli e prolungati. Nel diritto penale internazionale, specifici atti illegali commessi nel contesto di un sistema di oppressione e di dominazione con lo scopo di mantenerlo costituiscono il crimine contro l’umanità di apartheid. Questi atti sono descritti nella Convenzione sull’apartheid e nello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale e comprendono le uccisioni illegali, la tortura, i trasferimenti forzati e il diniego dei diritti e delle libertà basilari. Amnesty International ha documentato atti vietati dalla Convenzione sull’apartheid e dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale in tutte le aree sotto il controllo israeliano, sebbene si verifichino con maggiore frequenza nei Territori palestinesi occupati piuttosto che in Israele. Le autorità israeliane hanno introdotto tutta una serie di misure per negare deliberatamente i diritti e le libertà basilari ai palestinesi, anche attraverso drastiche limitazioni al movimento nei Territori palestinesi occupati, i cronici e discriminatori minori investimenti a favore delle comunità palestinesi residenti in Israele e il diniego del diritto al ritorno dei rifugiati. Il rapporto diffuso oggi documenta inoltre i trasferimenti forzati, la detenzione amministrativa, la tortura e le uccisioni illegali sia in Israele che nei Territori palestinesi occupati. Amnesty International ha rilevato che questi atti formano parte di attacchi sistematici e diffusi contro la popolazione palestinese, commessi allo scopo di mantenere il sistema di oppressione e di dominazione. Pertanto, costituiscono il crimine contro l’umanità di apartheid. L’uccisione illegale di manifestanti palestinesi è forse il più chiaro esempio di come le autorità israeliane ricorrano ad atti vietati per mantenere il loro status quo. Nel 2018 i palestinesi di Gaza avviarono proteste settimanali lungo il confine con Israele per affermare il diritto al ritorno dei rifugiati e chiedere la fine del blocco. Ancora prima che le proteste avessero inizio, alti funzionari israeliani avvisarono che contro i palestinesi che si fossero avvicinati al confine sarebbe stato aperto il fuoco. Alla fine del 2019, le forze israeliane avevano ucciso 214 civili palestinesi, tra cui 46 minorenni. Alla luce delle sistematiche uccisioni illegali di palestinesi documentate nel suo rapporto, Amnesty International chiede al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di imporre un embargo totale sulle armi verso Israele. Questo embargo, a causa delle migliaia di uccisioni illegali di palestinesi compiute dalle forze israeliane, dovrebbe comprendere tutte le armi e le munizioni, così come le forniture di sicurezza. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe imporre anche sanzioni mirate, come il congelamento dei beni dei funzionari israeliani implicati nel crimine di apartheid.

PALESTINESI TRATTATI COME UNA MINACCIA DEMOGRAFICA

Dalla sua costituzione nel 1948, Israele ha portato avanti politiche per istituire e mantenere una maggioranza demografica ebrea e per massimizzare il controllo sulle terre e sulle risorse a vantaggio degli ebrei israeliani. Nel 1967 Israele ha esteso tali politiche alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza. Oggi tutti i territori controllati da Israele continuano a venire amministrati allo scopo di beneficiare gli ebrei israeliani a scapito dei palestinesi, mentre i rifugiati palestinesi continuano a essere esclusi. Amnesty International riconosce che gli ebrei, come i palestinesi, rivendicano il diritto alla autodeterminazione e non contesta il desiderio di Israele di essere una patria per gli ebrei. Analogamente, non considera che la definizione che Israele dà di sé stesso come di “uno stato ebreo” indichi di per sé l’intenzione di opprimere e dominare. Via via, però, i governi israeliani hanno considerato i palestinesi una minaccia demografica e hanno imposto misure per controllare e farne decrescere la presenza e l’accesso alle terre in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Questi intenti demografici sono ben illustrati dai progetti ufficiali di “ebraizzare” aree di Israele e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, che continuano a esporre migliaia di palestinesi al rischio di un trasferimento forzato.

OPPRESSIONE SENZA FRONTIERE

Le guerre del 1947- 49 e del 1967, il controllo militare di Israele sui Territori palestinesi occupati e la creazione di regimi giudiziari e amministrativi distinti hanno separato le comunità palestinesi e le hanno segregate dagli ebrei israeliani. I palestinesi sono frammentati geograficamente e politicamente e subiscono vari livelli di discriminazione a seconda del loro status e di dove vivano. I palestinesi israeliani godono di maggiori diritti e libertà rispetto a quelli dei Territori palestinesi occupati, mentre l’esperienza dei palestinesi di Gaza è molto differente da quella di coloro che vivono in Cisgiordania. Nondimeno, le ricerche di Amnesty International hanno concluso che tutti i palestinesi sono sottoposti al medesimo sistema sovrastante. Il trattamento dei palestinesi da parte di Israele persegue lo stesso obiettivo: privilegiare gli ebrei israeliani nella distribuzione delle terre e delle risorse e ridurre al minimo la presenza dei palestinesi e il loro accesso alla terra. Amnesty International può dimostrare che le autorità israeliane trattano i palestinesi come un gruppo razziale inferiore, definito dal loro status non-ebreo e arabo. Questa discriminazione razziale affonda le radici in leggi che colpiscono i palestinesi sia in Israele che nei Territori palestinesi occupati. Ad esempio, ai palestinesi residenti in Israele viene negata la nazionalità e ciò costituisce una differenziazione giuridica rispetto agli ebrei israeliani. In Cisgiordania e a Gaza, dove Israele controlla il registro anagrafico sin dal 1967, i palestinesi non hanno alcuna cittadinanza, molti sono considerati apolidi e devono chiedere carte d’identità all’esercito israeliano per vivere e lavorare nei territori. I rifugiati palestinesi e i loro discendenti, sfollati nelle guerre del 1947-49 e del 1967, continuano a vedersi negato il diritto al ritorno nel loro precedente luogo di residenza. L’esclusione dei rifugiati da parte di Israele è una evidente violazione del diritto internazionale che lascia milioni di persone in un limbo perpetuo di sfollamento forzato. I palestinesi dell’annessa Gerusalemme Est hanno un permesso permanente di residenza anziché la cittadinanza e, peraltro, questo status è permanente solo sulla carta. Dal 1967, il ministero dell’Interno ha revocato a sua discrezione la residenza a oltre 14.000 palestinesi, che sono stati trasferiti a forza fuori dalla città.

CITTADINI DI LIVELLO INFERIORE

I cittadini palestinesi di Israele, che costituiscono circa il 21 per cento della popolazione, subiscono svariate forme di discriminazione istituzionale. Nel 2018 tale discriminazione è stata cristallizzata in una legge costituzionale che, per la prima volta, descrive Israele come “stato-nazione del popolo ebreo”, promuove la costruzione degli insediamenti ebraici e degrada l’arabo da lingua ufficiale a lingua con uno status speciale. Il rapporto di Amnesty International documenta come i palestinesi non possano effettivamente stipulare contratti di locazione sull’80 per cento dei terreni di stato israeliani a seguito di requisizioni razziste di terreni e di una serie di leggi discriminatorie sull’assegnazione delle terre, di piani edilizi e di regolamenti urbanistici locali. La situazione della regione del Negev/Naqab, nel sud di Israele, è un efficace esempio di come le politiche e i piani edilizi israeliani escludano intenzionalmente i palestinesi. Dal 1948 le autorità israeliane hanno adottato svariate politiche per “ebraizzare” la regione, ad esempio designando ampie zone come riserve naturali o poligoni di tiro e stabilendo obiettivi di crescita della popolazione ebraica. Ciò ha avuto conseguenze devastanti per le decine di migliaia di beduini palestinesi che vivono nella regione.

Attualmente 35 villaggi beduini in cui risiedono circa 68.000 persone, sono “non riconosciuti” da Israele: ciò significa che non hanno forniture di corrente elettrica e di acqua e sono soggetti a ripetute demolizioni. Poiché questi villaggi non hanno uno status ufficiale, i loro abitanti subiscono limitazioni nella partecipazione politica e sono esclusi dal sistema sanitario e da quello educativo. Di conseguenza, in molti sono stati costretti a lasciare le loro case: ciò costituisce trasferimento forzato. Decenni di deliberato trattamento iniquo dei palestinesi residenti in Israele ha determinato per loro un profondo svantaggio economico rispetto agli ebrei israeliani. Questa condizione è acuita dall’assegnazione evidentemente discriminatoria delle risorse di stato, un esempio della quale è il recente piano governativo di ripresa dalla pandemia da Covid-19: solo l’1,7 per cento delle risorse è stato assegnato alle autorità locali palestinesi.

LO SPOSSESSAMENTO

Lo spossessamento e lo sfollamento dei palestinesi dalle loro abitazioni è un pilastro determinante del sistema israeliano di apartheid. Dalla sua istituzione, lo stato israeliano ha eseguito massicce e crudeli requisizioni di terre palestinesi e continua ad applicare una miriade di leggi e politiche che forzano la popolazione palestinese a risiedere in piccole enclavi. Dal 1948 Israele ha demolito centinaia di migliaia di case e di altre strutture palestinesi in tutte le aree sotto la sua giurisdizione e sotto il suo effettivo controllo. Come nella regione del Negev/Naqab, i palestinesi di Gerusalemme Est e dell’area C dei Territori palestinesi occupati vivono sotto totale controllo israeliano. Le autorità negano ai palestinesi il permesso di costruire in queste zone, non lasciando loro altra alternativa che edificare strutture illegali che vengono via via demolite. Nei Territori palestinesi occupati, la continua espansione degli insediamenti israeliani – una politica attuata dal 1967 – rende ancora più grave la situazione. Oggi gli insediamenti coprono il 10 per cento delle terre della Cisgiordania. Tra il 1967 e il 2017 circa il 38 per cento delle terre palestinesi di Gerusalemme Est è stato espropriato. I quartieri palestinesi di Gerusalemme Est sono spesso presi di mira da organizzazioni di coloni che, col pieno appoggio del governo israeliano, agiscono per sfollare le famiglie palestinesi e annettere le loro case. Uno di questi quartieri, Sheikh Jarrah, è al centro di frequenti proteste dal maggio 2021: le famiglie che vi risiedono cercano di difendere le loro case dalle minacce degli esposti di sgombero presentati dai coloni.

DRASTICHE LIMITAZIONI DI MOVIMENTO

Dalla metà degli anni Novanta le autorità israeliane hanno imposto sempre più stringenti limitazioni al movimento dei palestinesi nei Territori palestinesi occupati. Un reticolato di checkpoint militari, posti di blocco, barriere e altre strutture controlla il loro movimento e limita i loro spostamenti in Israele o all’estero. Una barriera di 700 chilometri, che Israele sta ancora ampliando, ha isolato all’interno di “zone militari” le comunità palestinesi che, per entrare e uscire dalle loro abitazioni devono ottenere più permessi speciali. A Gaza oltre due milioni di palestinesi vivono in una crisi umanitaria creata dal blocco israeliano. È quasi impossibile per i gazani viaggiare all’estero o nel resto dei Territori palestinesi occupati: di fatto, sono segregati dal resto del mondo. “Per i palestinesi, la difficoltà di viaggiare all’interno e all’esterno dei Territori palestinesi occupati è un costante ricordo del fatto che sono privi di potere. Ogni loro singolo movimento è soggetto all’approvazione dell’esercito israeliano e la più semplice attività quotidiana è condizionata da una rete di controlli violenti”, ha commentato Callamard. “Il sistema dei permessi nei Territori occupati palestinesi è l’emblema della patente discriminazione di Israele contro i palestinesi. Mentre loro sono circondati da un blocco, fermi per ore ai checkpoint o in attesa che sia rilasciato l’ennesimo permesso per circolare, i cittadini e i coloni israeliani possono muoversi come desiderano”, ha sottolineato Callamard. Amnesty International ha esaminato ciascuna delle giustificazioni di sicurezza addotte da Israele come base per il trattamento dei palestinesi. Sebbene alcune delle politiche israeliane possano essere state elaborate per conseguire obiettivi di sicurezza legittimi, esse sono state attuate in un modo enormemente sproporzionato e discriminatorio e non in regola col diritto internazionale. Altre politiche non mostrano alcuna ragionevole base in termini di sicurezza e derivano chiaramente dall’intenzione di opprimere e dominare.

I PROSSIMI PASSI

Il rapporto di Amnesty International contiene numerose raccomandazioni specifiche affinché Israele possa smantellare il sistema di apartheid e la discriminazione, la segregazione e l’oppressione che lo sostengono.

L’organizzazione per i diritti umani chiede in primo luogo la fine delle pratiche brutali delle demolizioni delle abitazioni e degli sgombri forzati.

Inoltre, Israele deve riconoscere uguali diritti a tutti i palestinesi in Israele e nei Territori palestinesi occupati, come prevedono i principi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; deve riconoscere il diritto dei rifugiati e dei loro discendenti al ritorno nelle abitazioni dove loro o i loro familiari vivevano; deve fornire piena riparazione alle vittime delle violazioni dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità. La dimensione e la gravità delle violazioni documentate nel rapporto di Amnesty International richiedono un drastico cambiamento dell’approccio della comunità internazionale alla crisi dei diritti umani in atto in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Tutti gli stati possono esercitare la giurisdizione universale nei confronti di persone ragionevolmente sospettate di aver commesso il crimine di apartheid. Gli stati parte dello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale hanno l’obbligo di farlo. “La risposta internazionale all’apartheid non deve più limitarsi a blande condanne e a formule ambigue. Se noi non ne affronteremo le cause di fondo, palestinesi e israeliani rimarranno intrappolati nel ciclo di violenza che ha distrutto così tante vite. Israele deve smantellare il sistema dell’apartheid e iniziare a trattare i palestinesi come esseri umani con uguali diritti e dignità. Se non lo farà, la pace e la sicurezza resteranno una prospettiva lontana per gli israeliani come per i palestinesi”, ha concluso Callamard.

http://www.vita.it/it/article/2022/02/01/lapartheid-israeliano-contro-i-palestinesi/161732/

L’UNICA DEMOCRAZIA DEL MEDIO ORIENTE – PARTE II – (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Giugno 2021)

[Continua dal numero precedente]

Ecco la testimonianza di un comandante di un’altra formazione paramilitare di destra, Lehi, Yehoshua Zettler: “correvano [i palestinesi abitanti del villaggio] come gatti. Casa per casa, mettevamo esplosivo e loro scappavano. Un’esplosione e poi avanti, metà del villaggio non c’era più. I miei uomini hanno preso i corpi, li hanno impilati e gli hanno dato fuoco. Hanno iniziato a puzzare”. Abbiamo, infine, la testimonianza di un esponente della terza formazione paramilitare, Yehuda Feder, che scrive in una lettera: “lo scorso venerdì insieme alle Irgun il nostro movimento ha compiuto una tremenda operazione di occupazione del villaggio arabo Deir Yassin. Ho partecipato all’operazione nel modo più attivo. Ho ucciso un arabo armato e due ragazze arabe di 16 o 17 anni. Li ho messi al muro e li ho colpiti con due colpi di pistola”.

Tornando all’attualità è, quindi, emerso che il ministero della difesa israeliano da anni ha costituito una commissione (Malmab) che in incognito ha sistematicamente operato per eliminare i documenti declassificati, che testimo-niano della Nakba, ovvero della pulizia etnica della popolazione palestinese dalla propria terra a partire dal 1948. Già precedentemente, per un ricercatore l’accessibilità ai documenti era sostanzialmente negata, non potendo consultare i documenti dei servizi segreti, solo 1% degli archivi di Stato e appena 50.000 dei 12 milioni di documenti dell’archivio dell’esercito. Resterebbero gli archivi privati, ma proprio per non far uscire nemmeno da essi documenti, che potrebbero mettere in cattiva luce l’operato dello Stato ebraico, il ministero della difesa chiede o intima ai proprietari di negare la consultazione dei documenti giudicati compromettenti. Inoltre, agenti di questa squadra speciale del ministero (Malmab), provvede a risolvere alla fonte il problema eliminando anche dagli archivi privati tali documenti, come quello dell’intelligence, citato all’inizio di questo articolo, sui motivi che hanno portato i palestinesi ad abbandonare il loro paese nel 1948.

Nell’importante articolo che ha fatto esplodere il caso, Burying the Nakba: How Israel Systematically Hides Evidence of 1948 Expulsion of Arabs, è tra l’altro riportata la preziosa testimonianza dell’ex dirigente del Malmab, Yehiel Horev, incaricato di eliminare i documenti che potrebbero danneggiare l’immagine del suo paese. Horev chiarisce come l’obiettivo del suo gruppo di lavoro fosse quello di minare la credibilità degli studi che hanno denunciato la Nakba, eliminando quei documento sui quali tali opere storiche si sono basate.

Ciò porta la giornalista israeliana autrice dell’articolo sopra citato a sostenere che “dall’inizio dell’ultimo decennio i team del Malmab hanno rimosso dagli archivi numerosi documenti che erano stati declassificati, nel quadro di uno sforzo sistematico per nascondere le prove della Nakba”. Riportando alcune testimonianze emblematiche, come quella della storica Tamar Novick che, dopo aver trovato in un archivio privato un documento che documentava una delle più emblematiche stragi alla base della Nakba, dopo essersi confrontata con lo storico israeliano Morris che vi aveva fatto riferimento in un suo libro, ha dovuto fare l’amara scoperta che, nel frattempo, il documento era stato fatto scomparire.

Oltre a far sparire preziose tracce della Nakba, come denuncia lo storico Salim Tamari – dell’università di Harvard, specializzato in questi eventi storici – in un’intervista concessa a “Il manifesto”, “una parte rilevante dei materiali scomparsi riguardano le vicende di palestinesi, in prevalenza contadini, che subito dopo la nascita di Israele provarono a tornare (dall’esilio) per coltivare i loro campi, per controllare lo stato delle proprietà. Persone convinte che presto sarebbero rientrate nelle case da cui erano state cacciate o che avevo dovuto abbandonare. Israele non lo ha mai permesso. Moltissimi di loro furono uccisi senza tanti scrupoli dalle forze armate israeliane. Lo affermano anche i documenti fatti sparire. Nei suoi primi anni di vita lo Stato ebraico usò il pugno di ferro contro quelli che definiva ‘infiltrati’, ma che quasi sempre erano civili che provavano a tornare nella loro terra”.


Note:

[1] Le citazioni presenti nell’articolo e diverse notizie riportate sono desunte da un ottimo dossier realizzato dal quotidiano “Il manifesto” del 18/8/2019 composto dagli articoli di Chiara Cruciati, La strage di Safsaf tra memoria orale e diari israeliani e Il massacro di Deir Yassin nelle voci di chi lo perpetrò: “Fu un pogrom”, e dagli articoli di Michele Giorgio: Sulla Nakba Tel Aviv corre ai ripari, ma è troppo tardi e Il team segreto d’Israele che svuota gli archivi di Stato.

28/09/2019 |

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.


https://imeu.org/article/the-nakba-65-years-of-dispossession-and-apartheid

https://www.lacittafutura.it/esteri/i-massacri-occultati-alla-base-dell-esilio-dei-palestinesi

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Potrebbe bastare per capire cosa si cela dietro la creazione del cosiddetto Stato di Israele, con annessi deportazioni, stermini e quant’altro.

Ma considerando che molti idioti ancora credono che questo “Stato” sia una vera democrazia, con pari diritti e doveri per tutti i cittadini, ivi compresi gli arabi con cittadinanza israeliana, ritengo utile e doveroso pubblicare a seguire altro pregevole articolo che descrive alla perfezione quale sia il concetto di democrazia di giudei e loro reggicoda cristiani (i fratelli minori, secondo un Papa polacco).

Questo anche per fare giustizia di fronte alle vergognose menzogne di una delle più disgustose e stomachevoli giornaliste ebree, tale Oriana Fallaci, ancora oggi idolo di tanti destronzi che leccano il deretano ai giudei in odio all’Islam.

Ecco cosa scriveva nel 2014, fra le tante cazzate, l’ebrea in questione:

“(…) In definitiva sono sionista perché respiro, perché penso, perché vedo, perché esisto, perché so… Sono sionista perché conosco Israele e la sua gente e gli arabi che vivono li e godono degli stessi diritti degli ebrei e temono gli arabi dall’altra parte e tacciono e sono colpevoli perché tacciono… Però quando parli con loro nell’intimità della loro casa manifestano la loro gioia per vivere, lavorare e educare i loro figli in libertà piena, libertà anche di essere atei e le donne di essere libere in città come Tel Aviv, Jaffa o Gerusalemme (…)  Sono sionista perche’ non mi piace che sgozzino la gente, che lapidino le donne o che uomini adulti si sposino con bambine (…).

Spero che qualche lettore sia riuscito a non vomitare, leggendo certe schifezze palesemente false,che descrivono un mondo ed uno Stato che non esistono, tanto meno se governato da ebrei che considerano lecito accoppiarsi con una bambina di 2 anni!

Chi li ama continui a godersi questi lerci criminali; gli altri proseguano nella lettura e aiutino a fare capire la realtà ai tanti imbecilli ignari ed ignavi che ci circondano.

Carlo Gariglio

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Figli di un dio minore. Gli arabi israeliani, un “popolo invisibile”

Quando si scrive o si parla d’Israele, viene “spontaneo” riferirsi a esso come “stato ebraico”. Ma, quasi mai, si pensa a quel 1,8 milioni di israeliani (oltre il 22 per cento della popolazione), che ebrei non sono e che quella definizione fa scomparire.

UMBERTO DE GIOVANNANGELI, 10 Agosto 2017

[da GERUSALEMME]

Il tema di questo viaggio nelle contraddizioni d’Israele è quello dell’identità nazionale. Il tema, delicatissimo, che investe una democrazia che rischia una torsione etnocratica.

“Qui l’identità non la capisci da chi uno è, ma da chi odia”.

Le parole di David Grossman non raccontano solo l’eterno conflitto israelo-palestinese, ma danno corpo a uno spettro che si aggira per Israele e che disorienta e inquieta il governo Netanyahu, molto più della rivolta palestinese riesplosa in queste settimane: è lo spettro della guerra civile.

Molte volte, quando si scrive o si parla d’Israele, viene “spontaneo”, o quasi, riferirsi a esso come “stato ebraico”. Ma poche volte, quasi mai, si pensa a quel 1,8 milioni di israeliani (oltre il 22 per cento della popolazione), che ebrei non sono e che quella definizione fa scomparire: il “popolo invisibile” per usare il titolo di uno dei grandi libri-reportage di Grossman.

Quando conquista le prime pagine, il “popolo invisibile”, è perché un’altra linea rossa nell’eterno conflitto in Palestina è stata superata.

Ed è ciò che è avvenuto con l’attentato alla Porta dei Leoni della Città Vecchia di Gerusalemme, il 14 luglio scorso, compiuto da tre palestinesi con cittadinanza israeliana provenienti dall’area di Umm al Fahm (a restare uccisi, oltre ai tre attentatori, due poliziotti drusi della guardia di frontiera).

Certo, il “popolo invisibile” può esercitare il diritto di voto, elegge i suoi parlamentari alla Knesset – nelle elezioni del 2015, la Union List, la coalizione arabo-israeliana guidata dal quarantunenne Ayman Odeh, ha conquistato quattordici seggi, diventando per la prima volta nella storia la terza forza politica di Israele – ma sa già in partenza che, comunque vada, non sarà mai rappresentato in un governo, sia esso di destra, di centro o di sinistra, perché prima di ogni altra cosa viene l’identità ebraica dell’esecutivo.

Assoluta, incontaminabile. Vota ma non conta, il “popolo invisibile”.

Sulla carta, ha gli stessi diritti dei cittadini ebrei, ma nella realtà subisce discriminazioni sociali, culturali, identitarie.

Un passo indietro nel tempo.

Ventisette novembre 2014: Salim Joubran, giudice arabo della corte suprema israeliana, sostiene che gli arabi sono discriminati in Israele.

“La ‘Dichiarazione di indipendenza’ menziona specificatamente l’eguaglianza, ma sfortunatamente questo non avviene nella pratica”,

afferma Joubran in un convegno di pubblici ministeri a Eilat, secondo quanto riportato da Haaretz.

Joubran cita anche il rapporto della Commissione Or – istituita nel 2000 per far luce su dieci giorni di scontri tra polizia e cittadini arabi del nord di Israele, e intitolata al giudice della stessa corte suprema, Theodore Or, che l’aveva presieduta – secondo il quale

“I cittadini arabi dello stato vivono in una realtà di discriminazione”.

Joubran elenca anche una serie di settori in cui esiste la discriminazione:

“Ci sono divari nella educazione, nell’impiego, nell’assegnazione di terreni per le costruzioni e l’espansione della comunità, scarsezza di zone industriali e infrastrutture, molti errori nei segnali stradali in arabo”.

Le cose non sono migliorate da quel giorno a oggi, semmai è vero il contrario. Più di tre quarti degli arabi israeliani non credono che Israele abbia il diritto di definire se stesso come stato nazionale del popolo ebraico.

È quanto emerge dall’ultimo sondaggio d’opinione Peace Index, condotto dall’Israel Democracy Institute, secondo il quale oltre il 76 per cento dei cittadini arabi d’Israele intervistati respinge il diritto di Israele di definirsi stato ebraico, con più del 57 per cento che si dice “fortemente contrario” a questo concetto.

Ancora un altro passo indietro nel tempo.

Secondo una relazione del 1998 dell’Adva Centre di Tel Aviv, le disparità sociali ed economiche in Israele sono particolarmente evidenti nei confronti degli arabi israeliani. La relazione fornisce alcune cifre illuminanti.

– Il reddito medio dei palestinesi che hanno cittadinanza israeliana è il più basso tra tutti i gruppi etnici del paese;

– Il 42 per cento dei palestinesi cittadini israeliani all’età di diciassette anni ha già abbandonato gli studi;

– il tasso di mortalità infantile tra i palestinesi cittadini israeliani è quasi il doppio rispetto a quello degli ebrei: 9,6 per 1000 nascite contro 5,3.

Diciannove anni dopo, le diseguaglianze si sono ulteriormente ampliate.

Di recente, il capo della coalizione di governo alla Knesset, David Bitan, ha accusato gli arabi israeliani di “rappresentare gli interessi palestinesi piuttosto che di Israele.”

Abu Maarouf, deputato della minoranza drusa, ha difeso pubblicamente il suo

“Legittimo diritto come cittadino di lavorare per cambiare la politica di discriminazione anti-araba in Israele”.

Il leader di Israel Beitenu, oltre che ministro della difesa ed ex titolare degli esteri, Avigdor Lieberman, ha dichiarato di voler

“Vedere questi deputati davanti a un plotone di esecuzione, perché sono terroristi e nemici dello stato d’Israele”.

Bezalel Smotrich, politico israeliano, di destra, membro della Knesset, dal canto suo, ha tenuto a far sapere che sua moglie “non è affatto razzista”. La donna avrebbe solo fatto una semplice richiesta: la prossima volta che sarà in travaglio, non vorrà essere messa accanto a una donna araba.

“È naturale che mia moglie non voglia partorire accanto a una donna che ha appena dato alla luce un bambino che potrebbe uccidere il suo tra vent’anni”,

ha twittato Smotrich, aggiungendo anche il fastidio provocato dagli schiamazzi

“Che sono comuni tra le madri arabe quando partoriscono”.

Un caso isolato? Non sembra proprio.

Istruttivo in tal senso è quanto scrive Chaim Levinson su Haaretz (tra-dotto per Zeitun da Carlo Tagliacozzo):

Circa 400 esponenti del Likud hanno partecipato alla presentazione del libro di uno storico, Raphael Israeli, che afferma che gli arabi israeliani “eccellono nell’evitare di prestare servizio allo stato” (in realtà i palestinesi con cittadinanza israeliana non possono fare il servizio militare, ndr) e “consumano più di quello che producono”.

Siamo nel giugno 2017. I quattrocento politici del Likud hanno partecipato alla presentazione del libro di duecentoquaranta pagine, che non contiene note o fonti. Israeli afferma che l’elemento nazionalistico e islamico presente nell’identità degli arabi israeliani impedisce loro di integrarsi in Israele e, grazie alla sinistra ingenua, questa minoranza costituisce una minaccia alla sicurezza di Israele.

“Il successo del progresso tecnico a Tel Aviv e a Ra’anana deriva da iniziative private costituite da imprese che hanno osato rischiare, qualche volta fallendo, qualche volta con successo. C’è qualcuno che stia impedendo agli imprenditori arabi di attivarsi e iniziare, investire e assumersi dei rischi nel fondare con successo nuove aziende a Sakhinin?”

Israeli scrive, riferendosi a una cittadina arabo-israeliana nel nord.

E ancora:

“Investono in hummus e in automobili di lusso e si lamentano che lo stato non investa su di loro o in strutture industriali nelle loro aree. Osem, Tnuva e Strauss non sono nemmeno state impiantate dallo stato”,

egli aggiunge, riferendosi a tre delle maggiori imprese del settore alimentare di Israele.

Israeli scrive che può darsi che la comunità araba venga discriminata nei finanziamenti, ma riguardo al pagamento delle imposte vale il contrario.

“Gli imprenditori ebrei pagano lo stato che finanzia i propri cittadini arabi, che pagano meno tasse. D’altra parte gli arabi eccellono nell’evitare di prestare servizio allo stato e il loro tasso di criminalità è il doppio della media nazionale. Consumano più di quello che producono… Ricevono un ammontare enormemente maggiore in sussidi di quello che pagano al nostro ministero delle finanze. Se gli arabi israeliani non sono soddisfatti del livello al quale approfittano dello Stato, che trovino un altro paese che li vizi ancor di più e offra loro quello che nessuno stato arabo o islamico farebbe…. Questa ricchezza non è stata accumulata grazie a loro, ma nonostante il fatto che siano un pesante fardello per lo stato ebraico, economicamente, social-mente e riguardo alla  sicurezza”.

Israeli suggerisce che gli arabi israeliani e gli ebrei ultra ortodossi sono dei parassiti della società.

“Se non fosse per (gli arabo-israeliani) e per gli ebrei parassiti come loro, il prodotto interno lordo pro capite in Israele salirebbe perfino oltre il livello di quello europeo… Chi è discriminato, quindi, se non i componenti della maggioranza ebraica? Il Pil pro capite in Israele ha raggiunto il suo livello attuale non per merito del governo, ma per quello degli imprenditori ebrei che hanno tratto benefici per sé e per l’economia, con vantaggi anche per gli arabi”.

Secondo l’autore, gli arabo-israeliani vivono in semi autonomia “accaparrando” più risorse di quelle che forniscono o che meritano, ma “non alzerebbero un dito per migliorare la loro situazione economica.”

Riguardo ai sentimenti degli arabo-israeliani verso lo stato, Israeli sostiene che:

“Non li abbiamo visti mettersi in fila per donare il sangue per i feriti delle guerre di Israele, oppure essere presenti per sostituire il personale mandato a combattere ai confini, per proteggere anche loro”.

Egli dice che non è così che una minoranza che vuole integrarsi dovrebbe comportarsi. Egli scrive:

“Questo è il comportamento di una quinta colonna, non di cittadini leali. Mentre non li abbiamo sentiti esaltare i progressi scientifici e tecnici del loro paese, dei cui risultati desiderano usufruire completamente, hanno espresso ammirazione per la capacità di Saddam Hussein di attaccare Israele, per la combattività di Hezbollah e per l’abilità della Jihad islamica di colpire al cuore il loro paese”.

All’incontro partecipavano ministri e parlamentari del partito del premier Benjamin Netanyahu.

Il sistema giuridico israeliano si basa su almeno due categorie di cittadinanza.

La categoria “A” vale per cittadini che la legge definisce come “ebrei”, cui la legge stessa conferisce un accesso preferenziale alle risorse materiali dello stato come anche ai sevizi sociali e di welfare per il solo fatto di essere, per legge, “ebrei”; in contrasto con la cittadinanza di categoria “B”, i cui componenti sono classificati per legge come “non ebrei”, cioè come “arabi”, e come tali discriminati dalla legge per quanto concerne la parità di accesso alle risorse materiali dello stato, ai servizi sociali e di welfare e, soprattutto, per ciò che concerne la parità di diritti di accesso alla terra e all’acqua.

Gli arabi non possono accedere a nessuna industria collegata, anche indirettamente, all’esercito (per esempio quella elettronica), sono esclusi da molti posti direttivi, non hanno nessuna di quelle agevolazioni (nell’acquisto degli appartamenti, di automobili e, anche, di abituali beni di consumo) che lo stato concede ai suoi cittadini che hanno fatto il servizio militare.

Il “popolo invisibile” si affianca a quello ribelle nella minacciata espulsione di massa e pulizia etnica di cui si è fatto propugnatore Tzhachi Hanegbi, ministro della cooperazione regionale nel governo Netanyahu, se palestinesi e fratelli arabi (israeliani) non porranno fine alle “loro azioni terroristiche”.

Dal 2000, almeno cinquanta arabi israeliani sono stati uccisi dalla polizia.

E allora, vale davvero la pena riflettere su ciò che scrive Gideon Levy, tra gli editorialisti di punta di Haaretz, il giornalista più odiato, per la sua libertà di pensiero, dai falchi di Tel Aviv.

“I palestinesi e gli arabi israeliani sono un bersaglio facile. Lo sono nei territori occupati e in Israele. Lo sono perché il loro sangue vale poco. Vale poco a Umm al-Hiran e vale poco al checkpoint di Tulkarem. Vale poco nei cantieri edili (molti palestinesi lavorano come muratori in Israele, ndr) e vale poco ai posti di blocco… Le radici sono profonde; devono essere riconosciute. Per la maggioranza degli israeliani, tutti gli arabi sono uguali e non sono esseri umani come noi. Loro non sono come noi. Loro non amano i propri figli o la propria vita come facciamo noi. Sono nati per uccidere. Non c’è nessun problema a ucciderli. Sono tutti nemici, oggetti sospetti, terroristi, assassini – la loro vita e la loro morte valgono poco. Quindi uccideteli, perché non vi succederà niente. Uccideteli, perché è l’unico modo di trattarli…”

L’UNICA DEMOCRAZIA DEL MEDIO ORIENTE – Parte I (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Maggio 2021)

Ho voluto utilizzare come titolo quello che è ormai divenuto un Mantra recitato da giudei e reggicoda vari, che amano blaterare circa la vera “democrazia” che avrebbero costruito nello Stato pirata denominato Israele.

Ovviamente, questa bufala della “democrazia” è vera solo per i complici di questi assassini, e per capirlo e saperlo non si deve essere esperti analisti di questioni mediorientali, ma solo e semplicemente persone in grado di leggere.

Onde evitare proprio il fastidio di leggere ai vari complici del giudaismo, mi sono ripromesso di farlo per loro.

Ma prima di addentrarci nella questione delle democrazia che i giudei avrebbero portato nel loro Stato, vi invito ad una riflessione; date uno sguardo alla cartina che pubblichiamo.

Quand’anche il giudeame avesse costituito questo Stato modello inesistente, ma di cui tutti parlano, lo avrebbero sempre e comunque costituito in casa altrui, su una terra chiamata Palestina, che era abitata dai palestinesi e dove esistevano già città, paesi, abitazioni e popolazione locale.

Certo, la situazione non è molto diversa dagli Stati oggi esistenti costituiti sui cadaveri degli autoctoni, tipo USA, Australia e molti altri… Ma almeno in certe zone esisteva la scusante del colonialismo subito da popolazioni arretrate, che non costituivano Stati sovrani e che necessitavano di un certo sviluppo, mentre il crimine giudaico è stato compiuto in tempi moderni, ai danni di persone che vivevano in modo civile, rispettando le stesse regole che ancora oggi i più civili rispettano.

Gli ebrei, dapprima affluiti in Palestina per fondare piccole comunità autonome vicine a quella che considerano la loro terra “promessa”, ben presto mostrarono le loro intenzioni terroristiche terrorizzando, trucidando e costringendo all’esilio la popolazione locale, al fine di rubare la loro terra e costituirvi uno Stato esclusivo, razzista e tutt’altro che democratico.

E non paghi di questo, tentano ancora oggi di riscrivere la Storia negando i loro crimini e sostenendo che la popolazione palestinese sarebbe emigrata dalla Palestina volonta-riamente!

Ora, prima di addentrarci in un articolo molto interessante che descrive con dovizia di particolari i crimini ebraici relativi alla pulizia etnica, ecco un breve sunto di quanto avvenuto negli anni 1947, 48 e 49.

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Storia Palestina: Spartizione della Palestina, la creazione dello stato di Israele – Novembre 1947 – maggio 1948

Gli anni 1947,  1948 e 1949 furono cruciali nella storia della regione.

Dal 1945, ovvero dalla fine della II. guerra mondiale, gli USA con la Gran Bretagna chiedono un’inchiesta sulla situazione degli ebrei scampati all’olocausto. Gli USA  esigono che l’inchiesta venga centrata sulla Palestina. Nel 1946 la commissione USA/GB raccomanda l’abolizione del Land Transfer Regulations e l’ammissione immediata di 100’000 profughi ebrei. La soluzione federalista proposta dalla commissione è respinta da palestinesi e  sionisti. La Gran Bretagna si oppose alla pressante richiesta USA di lasciar immigrare 100’000 ebrei, tuttavia l’immigrazione clandestina di ebrei batte il suo pieno.
Gli attacchi dei sionisti a palestinesi e inglesi sono ormai quotidiani e l’attentato sionista  al centro amministrativo inglese
sistemato nell’Hotel King David del 22 luglio 1946 e che fece 91 morti è uno degli episodi più cruenti. Conseguentemente l’Inghilterra annunciò all’ONU di voler rinunciare al mandato di amministrare la Palestina.
Il 28 aprile 1947 l’ONU creò una commissione d’inchiesta. Durante il suo soggiorno la commissione dell’ONU assiste “per caso” alla ricacciata della nave Exodus carica di immigranti ebrei, viaggio organizzato dall’Haganah probabilmente anche allo scopo di influenzare la commissione stessa. La commissione fu anche impressionata e influenzata dai successi agricoli opportunamente esibiti dai sionisti, per esempio nel Negev. In seguito Weitzmann incontrò pure il presidente degli Stati Uniti e lo convinse ad
appoggiare il piano di spartizione elaborato dalla commissione dell’ONU. In base al rapporto della sua commissione, con trentatré “si”, compresi quelli degli Stati Uniti e dell’URSS, contro tredici “no”, e con dieci astensioni, il 29 novembre 1947 l’Assemblea generale dell’ONU approvò il piano di spartizione che prevedeva la creazione di due Stati, legati da un’unione economica e con Gerusalemme come capitale comune, e ne indicò i confini. 
Lo Stato ebraico, esteso sul 56,47 % della superficie totale, avrebbe dovuto includere 498.000 ebrei e 407.000 arabi; lo Stato palestinese, esteso sul 42,88% della superficie, 725.000 arabi e 10.000 ebrei; l’area di Gerusalemme, dichiarata zona internazionale, avrebbe avuto 105.000 abitanti
arabi e 100.000 ebrei.

La spartizione sarebbe entrata in vigore il 14 maggio 1948 con la partenza delle truppe inglesi.
Per i palestinesi questa decisione e le sue conseguenze sono “Il disastro” (la nabka).

Il movimento sionista accolse il voto dell’Assemblea ONU come un  primo, decisivo successo, da consolidare e ampliare sul terreno : accettò con entusiasmo e applicò il principio di uno Stato ebraico, ma osteggiò l’altra metà della raccomandazione che concerneva la creazione di uno Stato palestinese. Per  mettere l’ONU davanti al fatto compiuto, i dirigenti sionisti decisero di occupare prima dell’entrata in vigore della risoluzione dell’ONU la più grande estensione possibile di territorio e di allontanarne i non ebrei. Questa intenzione si tradusse nel piano di pulizia etnica Dalet.

Già in novembre 1947 i sionisti mobilitarono una parte dei riservisti della milizia Haganah mentre in dicembre i palestinesi costituirono 275 comitati locali di autodifesa.  I gruppi di terroristi sionisti Irgoun e Stern intensificarono l’attacco ai palestinesi.
Il 19 marzo 1948, in seguito all’ampiezza dei disordini e per evitare un bagno di sangue, il delegato americano chiese al Consiglio di sicurezza dell’ONU di sospendere la spartizione. Anche per non perdere la simpatia degli arabi gli USA mantennero la richiesta e il 1. aprile 1948 l’ONU votò una tregua e il successivo controllo del territorio da parte dell’ONU, ma il 4 aprile 1948 le organizzazioni terroristiche paramilitari sioniste Haganah, Irgoun, Stern, ecc. passarono all’attacco per estromettere il maggior numero possibile di palestinesi dalle aree destinate allo Stato ebraico e per penetrare il più profondamente possibile nelle aree destinate allo Stato palestinese.

 In 13 operazioni (di cui 8 ebbero pieno successo) di pulizia etnica previste dal piano Dalet, 121’000 miliziani sionisti ben armati e organizzati schiacciarono circa 1’600 palestinesi  + 2’800 volontari arabi male armati, disorganizzati e ostacolati dai profughi palestinesi in fuga, occuparono una grande parte del territorio attribuito dall’ONU ai palestinesi e, al grido “Partire o morire”, ne scacciarono quasi tutti i palestinesi (circa 400’000). 
In questa grande operazione di pulizia etnica i sionisti uccisero circa 20’000 palestinesi (la distruzione del villaggio palestinese di Deir Yasin con i suoi 250 morti e la distruzione del villaggio di Tantoura con 200 morti ne sono solo degli episodi molti dei quali vennero alla luce solo recentemente come dimostrato dallo storico israeliano Benny Morris) mentre circa 700’000 palestinesi dovettero rifugiarsi nelle aree rimaste sotto controllo palestinese (in pratica una parte della Cisgiordania e di Gaza) e all’estero (principalmente in Giordania). Da notare che 60’000 palestinesi erano già profughi per cui dovettero abbandonare tutto una seconda volta. Uno degli episodi emerso solo di recente è stato l’utilizzo da parte dei sionisti di agenti batteriologici (tifo, colera) per avvelenare l’acqua potabile dei palestinesi.
Per alcuni storici queste operazioni militari compiute prima del 15 maggio 1948 furono la vera prima guerra arabo-israeliana. Da notare che la pulizia etnica con tutte le distruzioni e i massacri commessi dai sionisti prima e dagli israeliani poi vengono trattati in Israele come dei segreti di stato e sistematicamente negati anche se le notizie dei massacri commessi a poco a poco stanno trapelando. Tuttavia in Israele chi parla viene accusato di tradimento e processato (per esempio lo storico israeliano Pappé). Da alcuni decenni tutte le “operazioni” israeliane vengono giustificate con la necessità di catturare o eliminare dei “terroristi palestinesi” e/o le loro basi. Ovviamente i morti civili sono solo degli “effetti collaterali”. Gli ebrei uccisi nel 1947-1948 dai palestinesi furono circa 600.

https://www.assopace.org/index.php/doc-multimedia/focus/focus-palestina/storia-palestina/174-storia-palestina-spartizione-della-palestina-la-creazione-dello-stato-di-israele-novembre-1947-maggio-1948

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Ancora più interessante e significativo è l’articolo che segue, essendo un resoconto di un’inchiesta del giornale israeliano  “Haretz”, quindi non occultabile e zittibile con le solite accuse di “nazismo”, o di antisemitismo, che i giudei normalmente vomitano addosso a chiunque osi mettere n dubbio la bontà del loro operato.

L’argomento è uno dei più occultati dalla propaganda giudaica e dai mezzi di informazione nelle loro mai (cioè quasi tutti, specie i più diffusi), ovvero i massacri ripetuti fino a diventare vero e proprio genocidio, contro i palestinesi che vivevano nelle loro case e nei loro villaggi.

Dispiace soltanto che questo articolo sia riportato da un giornale che si definisce orgogliosamente comunista, e che alterna i risultati delle ricerche di Haaretz ai deliri dei redattori, i quali ogni tre righe si affannano ad accusare gli autori delle stragi più efferate di essere di “destra”!

Si sa, loro, i compagnucci, per quanto si sforzino di dire la verità su certi argomenti, preferiscono dimenticare le decine di milioni morti causati dai loro compagni comunisti e sedicenti socialisti nel corso della Storia.

Ma in fin dei conti, meglio i comunisti dei destronzi venduti ad Israele, che sui loro giornali hanno il coraggio di pubblicare articoli simili:

Olocausto, uno studio choc rivela: “Uccisi 15-20 milioni di ebrei”

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/olocausto-studio-choc-rivela-uccisi-15-20-milioni-ebrei-892608.html

Buona lettura!

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I massacri occultati alla base dell’esilio dei palestinesi

Una preziosa inchiesta del giornale israeliano “Haaretz” testimonia come il ministero della difesa israeliano abbia creato una commissione segreta per far scomparire i documenti che testimoniano quella che i palestinesi definiscono la Nakba, la catastrofe, e che lo storico israeliano Pappe, nel corso delle sue ricerche, ha definito la pulizia etnica alla base della creazione dello Stato di Israele

I massacri occultati alla base dell’esilio dei palestinesi

Una preziosa inchiesta del giornale israeliano “Haaretz” testimonia come il ministero della difesa israeliano abbia creato una commissione segreta per far scomparire i documenti che testimoniano quella che i palestinesi definiscono la Nakba, la catastrofe, e che lo storico israeliano Pappe, nel corso delle sue ricerche, ha definito la pulizia etnica alla base della creazione dello Stato di Israele.

I servizi segreti israeliani, che avevano da poco ultimato l’occupazione di buona parte della Palestina, in un dettagliato rapporto del 30 giugno 1948 indicano quali siano state le reali cause dell’esilio dei palestinesi dalla loro terra. Da questo punto di vista, è in primo luogo estremamente interessante il passaggio in cui è scritto “l’evacuazione britannica ci ha dato via libera”, ovvero ha reso possibile quelle operazioni militari che provocheranno la fuga di un numero estremamente elevato di palestinesi.

Nel documento non manca una descrizione, per quanto indiretta, del famigerato Piano Dalet, redatto a inizio del 1948, nella prospettiva del ritiro britannico  dalle Haganah, le milizie sioniste da cui sarebbe sorto l’esercito israeliano. Nel piano è descritta la modalità della pulizia etnica, a partire da esemplari massacri in certi villaggi e dall’assalto ad altri da tre lati, per consentire agli abitanti, come unica via di fuga la strada dell’esilio verso i paesi arabi confinanti. Nelle oltre settanta pagine del piano, è esposta la tattica militare per “assumere il controllo dello Stato ebraico”, attraverso “pressione economica assediando alcune città; […] distruzione dei villaggi (fuoco, dinamite, mine); […] accerchiamento del villaggio e nell’eventualità di una resistenza la forza armata deve essere distrutta e la popolazione espulsa; […] isolamento delle vie d’accesso e blocco dei servizi essenziali (acqua, elettricità, carburante)” [1].

Tornando al documento, estremamente prezioso, dei servizi segreti israeliani, esso stabilisce con precisione anche i numeri della pulizia etnica perpetrata, smentendo la costante propaganda che dal 1948 a oggi, senza esitare dinanzi a una palese operazione di revisionismo storico, continua a negare la nakba sostenendo che la popolazione araba palestinese avrebbe abbandonato le proprie case e le proprie  terre, volontariamente, istigata dai paesi arabi che l’avrebbe spinta a emigrare promettendogli che sarebbe presto tornata con l’esercito arabo che avrebbe riconquistato i territori perduti. Al contrario, nel documento citato sono gli stessi servizi segreti sionisti a certificare innanzitutto che, al contrario della leggenda sionista per cui la Palestina sarebbe stata una terra senza un popolo, essa contava alcune città e centinaia di villaggi ed era dotata di un’economia viva, prima di subire gli assalti dei sionisti. D’altra parte, certifica ancora il documento: “l’economia araba non era stata danneggiata tanto da impedire alla popolazione di sostenersi”. Aggiungendo che “almeno il 55% di tutta la migrazione fu motivata dalle nostre azioni [dell’Haganah]. L’azione dei dissidenti [formazioni paramilitari di destra ndr] come fattore della evacuazione degli arabi da Eretz Yisrael ha avuto un 15% di impatto diretto. In conclusione l’impatto delle azioni militari ebraiche è stato decisivo: il 70% dei residenti ha lasciato le proprie comunità come risultato di queste azioni”. Quindi, la precipitosa fuga di 8 palestinesi su dieci, ovvero oltre un milione di esseri umani, come si deduce dai registri dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), da oltre duecento villaggi e da ben 4 città spopolate, non ebbe nulla di spontaneo, di volontario.

Anzi il documento elenca meticolosamente i motivi che hanno costretto i palestinesi di ogni città e villaggio ad abbandonare tutto per rifugiarsi all’estero. Così, ad esempio, si può leggere: “Ein Zaytoun, distruzione del villaggio da parte nostra; Qabbaa, nostro attacco contro di loro”. Questo rapporto costituisce, dunque, un’importante verifica della validità delle tesi degli storici, anche israeliani, che hanno più o meno accreditato la tesi di una pulizia etnica dei palestinesi dalla propria terra come Ilan Pappè, costretto perciò a vivere in esilio, e poi Benny Morris, Hillel Cohen e Avi Shlaim.

Ora, la notizia di attualità, che ci ha portato a ripercorrere questi tragici eventi è che il citato rapporto è uno dei preziosi documenti che il ministero della Difesa israeliano ha fatto distruggere, come ha rivelato una giornalista israeliana, Hagar Shezaf, in una importante inchiesta pubblicata il 5 luglio sull’edizione in lingua inglese di Haaretz, uno dei più attendibili quotidiani israeliani.

Restano, d’altra parte, le testimonianze lasciate dagli stessi autori di alcuni dei più drammatici “pogrom” perpetrati dai sionisti per terrorizzate e costringere all’esodo la popolazione Palestinese. A cominciare dal caso esemplare del massacro (ben 110 palestinesi assassinati, la quasi totalità degli abitanti del centro abitato) di Deir Yassin del 9 aprile 1948 portato a termine come “monito” per i palestinesi che non avrebbero abbandonato pacificamente le proprie terre e le proprie case.

Queste azioni terrori-stiche furono realizzate dalle organizzazioni sioniste definite “dissidenti” dal documento dell’intelligence sopra citato, in quanto non inquadrati nella milizia ufficiale Haganah. Per quanto questi gruppi di destra, macchiatisi di veri e propri crimini di guerra, allora erano all’opposizione, in seguito conquisteranno lo stesso governo dello Stato ebraico alla fine degli anni settanta con Menachem Begin, al tempo capo indiscusso della famigerata formazione paramilitare Irgun (fra i responsabili, tra l’altro dell’emblematica operazione di pulizia etnica portata a termine con il massacro degli abitanti di Deir Yassin, comprese donne e bambini). Nonostante il suo ruolo direttivo in un vero e proprio squadrone della morte, Begin continua a mantenere un ruolo di primo piano nella memoria storica ufficiale del suo paese – non a caso, ormai, da anni governato da quella destra sionista di cui è stato uno dei massimi esponenti e dei padri fondatori, tanto che, ad esempio, gli è intitolata l’importante strada che collega i due maggiori centri: Tel Aviv e Gerusalemme e che, paradossalmente, passa proprio dove sorgeva il villaggio, ora, come di consueto cancellato dalla carta geografica per farlo scomparire dalla stessa memoria storica, trasformandolo in Givat Shaul, quartiere di Gerusalemme.

Anche i documenti di archivio di questo massacro, a lungo occultato, dopo essere stati infine  desecretati, sono stati eliminati dal piano messo in atto dal Ministero della difesa e in questa estate finalmente venuto alla luce. Per altro, i crimini di Begin sono stati occultati dalla stessa “comunità interna-zionale”, ovvero dallo imperialismo occidentale, al punto che gli è stato conferito nel 1978 il premio nobel per la pace.

A testimoniare l’orrore del massacro restano le testimonianze degli stessi responsabili, a cominciare da Mordechai Gichon, delle Haganah – che nei fatti coprirono il massacro compiuto dai paramilitari – che parla significativamente di un vero e proprio pogrom: “a me è parso un pogrom. Se attacchi una postazione militare e ci sono cento uccisi, non è un pogrom. Ma se vai in una comunità civile, quello è un pogrom. Se si uccidono civili, è un massacro”. Del resto della gravità dell’accaduto si accorsero subito i sionisti che, per cancellarne le tracce, inviarono un futuro ministro, Yair Tsaban, che a proposito di questa sua esperienza ha ricordato: “la Croce Rossa poteva arrivare in ogni momento, era necessario nascondere le tracce”.

D’altra parte all’opera avevano già in parte provveduto, immedia-tamente, le stesse milizie sioniste.

[Continua sul prossimo numero]